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L’AUTORE. Maria Berica Bauce, segnalazione della biblioteca di Montecchio Maggiore

Occhio... ai cavolini

Maria Berica Bauce


“Ti troverai bene, stai buono,poi farai amicizia con tanti ragazzi come te”.Me lo ripetevano i miei da alcuni giorni,quelli che mi separavano dalla data di partenza per la colonia estiva parrocchiale in montagna. La corriera sbuffava per raggiungere la meta ed il mio compagno di posto sulle curve rischiava ogni volta di inondarmi con i conati di vomito che si presentavano sui tornanti.
Ai posti di comando dopo l’autista che guidava a strattoni, c’erano due suore e due animatori sui trent’anni scarsi ,armati di chitarra con ai piedi delle tremende polacchine. Io e Gigi il mio amico, guardavamo fuori dal finestrino abbacchiati come agnelli condotti alla fine.
E’ inutile, quella situazione non ci piaceva affatto e al diavolo i genitori che volevano convincerci che andavamo a prendere le arie buone, pregando e cantando. Gina la mia compagna di banco, se n’era andata con i suoi al mare, mi sembrava Rimini e noi la invidiavamo… gelati, granite, piadine, sole e acqua, magari in una bella pensione dove la padrona ti preparava la lasagna al forno. Noi no! Il mare era l’equivalente del non senso, ci avevano spiegato che è nella montagna il sapore della vita, che le camminate portandosi sulla cima li Gesù lo senti di più e ti è più amico. Boh! Sarà, ma io lo sentivo ovunque. Gigi aveva sempre avuto un’idea:” Sai secondo me non ci portano al mare perché hanno paura di correrci dietro, è fatica, ci vuole coraggio in mezzo alle onde, poi con quei vestiti lunghi e neri, come fanno ad alzarseli, è tutto per loro comodo, dai!” Non potevo che essere d’accordo, Gigi era più avanti di me. Dopo un tempo che mi parve eterno, arrivammo sul posto. Le cicale non cantavano più perché una nuvola aveva oscurato il sole. Un’enorme casermone color cemento con imponenti finestre si stagliava davanti a noi come un moloch indistruttibile. Scendemmo dal mezzo ed in ordine guidati dalle suore maestre, prendemmo i borsoni di cuoio con lo stretto necessario per quindici giorni. Ci avviammo verso l’entrata, dividevamo la struttura con un'altra parrocchia che aveva prenotato. Vedemmo che “Occhio di falco”,la suora che portava occhiali a fondo di bottiglia prese posizione e tuonò:” Ora vi assegneremo le camere, attenti! La parrocchia Sacro Cuore che siamo noi è nell’ala est, la parrocchia Vergine Immacolata nell’ala ovest, capito?” Impossibile non capire, anche suor Astolfa che normalmente era una dura, doveva sottostare all’altra coordinatrice, sia per la mole, che per poteri decisionali acquisiti. Camera?? Vorrete dire un “camerone” che mi ricordava una stanza d’ospedale. Sistemammo le nostre cose dopo l’assegnazione dei posti letto che avevano dei copriletti a strane righe verticali. Un intenso odore di zolfo si percepiva ovunque. Gli animatori ci avevano detto circa la disinfestazione dai pidocchi : nebulizzare con una pompa a spalle la casa durante il fine settimana precedente al nostro arrivo. Suor Astolfa provò a dare un avviso” Ragazzi scusate devo dirvi che …” La bloccò subito l’altra intimando stop con la mano aperta:” Aspetta Astolfa, devo dirglielo io a questi mocciosi! Non pensate che questo sia un albergo vero? Stasera c’è il brodo ed il lesso, domani polpette, la pasta è solo in bianco, e poi visto che bisogna mangiare verdura ci sono i cavolini di Bruxelles, rape e verdura cotta per depurarvi da tutti quei brufoli gialli!”. Ci guardammo atterriti. Si voltò” Ah, non ho finito, dovrete lavarvi ogni sera, dopo il cammino e le partite di calcio si suda e si va a letto puliti, capelli compresi.”Si si, tutto chiaro. La nostra camera aveva venti letti, dieci per parte e, gli armadietti in ferro verdino occupavano parte del lungo corridoio fuori la grande stanza.” Potete andare e mi raccomando state allegri che il Ciel vi aiuta.” Il suorone andò a ritirarsi in cucina e noi accompagnati dagli animatori che non dissero parola ai comandi di Occhio di falco, prendemmo confidenza con l’austero stabile allegro come un funerale. Ognuno si mise comodo, pantaloni corti e canottiera a costine, berretto e scarpe adatte. Partendo da casa all’alba, fummo là alle nove, pronti per raggiungere Malga Onta e fare una canta ai malgari che non vedevano l’ora che intonassimo” Signore delle cime”. Ed Occhio? Perchè non era con noi? Tornati, sapemmo che Suor Grazia nell’ingordigia, s’era quasi soffocata con un bollente cavolino belga che non sapeva se andare su o giù; Leonzio l’ animatore l’aveva portata subito all’ospedale violacea, la nostra vacanza per certi versi era salva!

(dalla biblioteca di Montecchio Maggiore)

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