<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
L’AUTORE. Annagiulia Muraro, segnalazione della biblioteca di Noventa

Londra, era l’agosto 1988
Io accanto ad un cadavere

Annagiulia Muraro

 

Agosto 1988. Londra. Ero in macchina, radio accesa “La polizia cerca informazioni su John Rich, preso in ostaggio…” mamma spense la radio e non sentii più una parola di quello che seguì. Pensai dovesse trattarsi di un fatto di cronaca super nera; wow, che brividi! Arrivati a casa cenammo io e lei nel silenzio più totale. Il giorno dopo andando a fare la spesa passai davanti al solito negozio abbandonato, quel giorno però provenivano dall’interno dei rumori strani: sembravano singhiozzi, pianti sommessi. Chiesi chi ci fosse all’interno e mi rispose disperata una donna. Mi sentivo già un’eroina: le dissi di andare lontana dalla porta, indietreggiai, presi la rincorsa e sferrai un calcio alla maniglia aprendo la porta sgangherata di quel tugurio. La donna era accucciata in un angolo e mi raccontò che un uomo incappucciato l’aveva portata lì dentro minacciandola dicendo che aveva il marito in ostaggio. Mi chinai accanto a lei. Piangeva. Con voce tremante aggiunse: “Mio marito, John Rich, è stato ucciso tre settimane fa, io lo so che è morto. La sera prima era fuggito dal carcere Albert Califfe un assassino che era stato catturato 2 anni fa e...” e ricominciò a piangere. Chiamai la polizia che riportò la donna a casa. I giorni successivi cercai di recuperare informazioni su John Rich e il suo omicidio, in internet. Scrissi tutto quello che trovavo sul mio taccuino: “John Rich impiegato in banca. Trasferito a Londra circa 3 anni fa. Famiglie indebitate per investimenti suggeriti da lui”. Su un link leggo che tra le famiglie indebitate c’è anche quella di Califfe...: è la famiglia dell’assassino di cui mi aveva parlato la moglie di Rich. Dopo qualche minuto di stupore ricomincio a scrivere. Altro link, altra informazione “Califfe, assassino, attualmente ricercato in tutta Londra. John Rich è ritenuto ‘scomparso’ ma la moglie ha testimoniato di aver trovato una lettera anonima in casa in cui era denunciato l’omicidio del marito”. Scrivo a questo punto una mia intuizione “Il sospettato è Albert Califfe uscito di prigione quattro settimane fa”. Domenica mattina di ritorno da una passeggiata, presi una scorciatoia per tornare al mio hotel: imboccai un vicolo buio tra due palazzi. Mi faceva paura ma...decisi di proseguire. Entrai titubante in quel vicolo stretto. Circa a metà intravidi una persona accasciata a terra; mi avvicinai e gli parlai cercando di capire se fosse viva...mi avvicinai di più: il suo sguardo fermo e fisso sullo stesso punto, i suoi occhi immobili…una chiazza di sangue scendeva dalla fronte, fino a… Cacciai un urlo e corsi, corsi fino all’hotel. Il giorno dopo presi una torcia e mi diressi al cunicolo. Arrivata cercai il taccuino e scrissi ciò che vedevo, presi anche la carta d’identità dal portafogli dell’uomo, quindi appuntai nel taccuino: “Cadavere di John Rich a terra tra le abitazioni 20-22, colpito alla testa da un proiettile”. Scattai una foto al cadavere che misi insieme alle altre informazioni. Mi diressi alla centrale della polizia per fornire informazioni sul caso ma evidentemente ero stata troppo insistente, perché mi trattennero in un lungo interrogatorio. Approfittando di una loro distrazione riuscii a fuggire di lì. Dovevo trovare il modo di dimostrare che dicevo la verità! Mi diressi di corsa verso la zona in cui avevo visto il cadavere: se volevo scagionarmi dovevo dimostrare che avevo ragione! Non avevo paura, solo una grande, incontrollabile energia che mi spingeva ad andare in fondo! Arrivata nel cunicolo vidi immediatamente in lontananzaun uomo, accanto al cadavere: evidentemente l’assassino che cercava di nascondere le possibili tracce che avrebbero condotto a lui. Mi feci coraggio: gli saltai sulla schiena agitandomi come un serpente, mordendo e scalciando con tutta la forza che avevo in corpo. Lo portai ad inginocchiarsi e, non so con quale forza, presi la sua testa tra le mani e la spinsi contro il muro…svenne sul colpo, mitico! Non avrei mai creduto di farcela! Mi assicurai che fosse vivo: odore di alcool gli usciva dalla bocca, respirava ancora. Chiamai la polizia utilizzando il telefono dell’assassino. La polizia arrivò e io…io ero lì a godere del mio successo! Due giorni dopo ebbe luogo il funerale di John ed ebbi la possibilità di salutare sua moglie con un abbraccio. Albert Califfe fu rimesso in prigione e la regina -sì, avete capito bene, la Regina d’Inghilterra- mi diede una ricompensa in denaro. (da biblioteca di Noventa)

Suggerimenti