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L’AUTORE. Gemma Schenato, dalla biblioteca di Riviera Berica

Lo sconosciuto e il desiderio

di Gemma Schenato

Gemma Schenato

Quel giorno non me lo dimenticherò mai. Che cosa ho fatto? Mah, non so neanche io cosa ho fatto. Spero mi scuserete per la mia inconsapevole azione. Un’azione che pose fine a delle sofferenze, ma che me ne procurò altre. Scrivo con una sensazione di rammarico, che mi durerà per tutta la vita. Il mio racconto inizia sulla meravigliosa spiaggia di questa altrettanto fantastica città in cui mi sono trasferita con i miei insopportabili zii da quando sono morti i miei genitori: Rio De Janeiro. Siamo venuti nel mio paese d’origine da parte di padre, che era appunto brasiliano. Comunque, due giorni fa io e miei amici Josè, Paula, Alejandro e Isabel organizzammo una gita in spiaggia, in occasione delle vacanze estive. Ci tengo a specificare che questi miei amici sono le persone più care che ho sulla Terra, dopo i miei genitori, che hanno però raggiunto il Cielo. Ci trovammo in spiaggia e da lì partimmo a piedi per la spiaggia. Era il Brasile al suo meglio: la musica riempiva ogni angolo di Rio De Janeiro e la città era piena di colori.-Avete tutto, vero? - Chiese Alejandro, poi rivolto a me: -E tu Esmeralda, hai preso il pranzo?-Certo-Mi affrettai a dire. Alejandro era il pignolo del gruppo, ci teneva a tutto -Ma sì, Ale, stai tranquillo- Josè invece era il più spigliato e divertente e il più popolare. Non era “cafone”, anche se a volte fingeva di esserlo, ma noi sapevamo che scherzava.Paula era la sportiva e Isabel la riflessiva.Io, invece, bah, credo di essere la tipica latina con i capelli scuri, gli occhi cangianti e la pelle color miele. Ma ritorniamo a noi, siamo arrivati alla spiaggia e dopo esserci sistemati, ho proposto:- Vi va se vado al bar a prendere qualche bibita?--Va bene, grazie Esmeralda- Mi rispose Paula.Felice della giornata che mi aspettava, mi diressi sorridendo al bar della spiaggia e ordinai delle bibite. Ad un certo punto mi si avvicinò un signore di mezza età, con i capelli grigi, gli occhi del colore del ghiaccio e zoppicante. Aveva un sorriso mellifluo.

-Giornata in spiaggia, eh?- Mi chiese.-Già- Gli risposi.

-Bella soprattutto se si passa con gli amici, vero?-

-Vero- -Dimmi, come va a scuola?- -Ehm, bene -

-Sicura? O c’è qualcosa che non va?- -Beh, in realtà sì.-

-Ti dirò una cosa, se tu mi dici cosa ti affligge, ti aiuterò, ma in cambio mi dirai qualcosa a te caro. In effetti, c’era qualcosa che non andava: da un po’ di tempo, a scuola, una banda di bulli mi perseguitava. Glielo raccontai. Gli raccontai anche dei miei amici.

Quello mormorò:-Bene, il tuo desiderio si avvererà. Arrivederci.- -Arrivederci- dissi. Solo dopo mi resi conto di quello che avevo fatto. Mi incamminai verso il nostro ombrellone, ma non c’era nessuno. Chiamai a gran voce i miei amici, telefonai alla polizia, tornai al bar a vedere se fossero lì. Ma niente. Sono tornata a scuola, e i bulli non mi badano più, nessuno, in realtà, non mi bada più, neanche i professori, il personale. Dei miei amici non si ha notizie. E io vivo nell’oblio della loro scomparsa.

(da biblioteca Riviera B.)

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