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L’AUTORE. Elisa Faccio, segnalazione della biblioteca di Bassano

La sera in cui imparare
tante cose importanti

Elisa Faccio

 

Era una notte dal cielo buio quella lassù, ma profumata laggiù, dalle grida di ilarità dei bambini: attimi e sensazioni di gioia salivano al cielo propagandosi in modo confuso come l’incenso, ascendendo a Lui, inebria il Creato. Indifferenti al buio i bambini, affascinati, quasi incantati dalla loro magia, si perdevano a rincorrere minuscoli punti di luce che lasciavano, come le stelle cadenti, una scia tanto luminosa quanto repentina ed evanescente: le lucciole. Incuriositi dalla loro magia luminosa, delicatamente, le racchiudevano tra i palmi delle mani per poi spiarle da un pertugio delle dita. Ma ingabbiate la magia cessò, la luce si spense. Sbigottiti e rattristiti, il gioco finì, le grida tacquero, i grilli interruppero il loro monotono, unisono canto. Il silenzio regnò. Era un momento di tristezza, quasi di lutto. Ma ecco che, aperte le mani, nella libertà del volo, la magia luminosa si riaccese per tornare a ravvivare quella buia sera. La libertà aveva nutrito la linfa della vita. I grilli ripresero il loro ritmico canto. I bambini il loro gioco. Le grida il loro posto. Ma non riprese più il tentativo di intrappolare le lucciole. Quella sera i bambini avevano compreso nel gioco il valore della libertà. E così rimembravano le parole dei genitori: “I nonni sono morti in guerra combattendo a difesa e in nome della libertà della Patria”.Quindi, contenti, ma sfiniti, si sgomitolavano sul prato che profumava di erba appena tagliata “dall’uomo con la falce” finendo il loro rotolìo a testa all’insù.In silenzio odoravano quel pungente e frizzante profumo di erba di cui, prima d’ora, non si erano mai accorti o curati. Anche l’erba aveva un profumo. Rimasero inebriati di quella nuova fragranza, ipnotizzati - nel contempo - dal monotono vocio dei grilli che diveniva sempre più assordante e martellante. Quindi, riprendendo il cammino verso casa, udirono un tuono. Le stelle erano ormai lontane. Alte, troppo alte. Il buio calò nella notte interrotto da scie luminose ora provenienti da lampi. I tuoni, propagando i loro boati crepitanti, lenti come il faticoso, ma deciso incedere di un anziano, emettevano un suono fragrante che da remoto diveniva gradatamente più prossimo. I bambiniiniziarono a correre per cercare un riparo. Più i loro piedini si affrettavano, più le rare gocce di pioggia divenivano intense e frequenti. Non si scoraggiavano. Era una gara, un gioco a chi faceva prima. Ma non c’erano ricoveri lungo quella strada. La pioggia diveniva più fitta, i tuoni più assordanti. Il gioco cedeva il passo alla paura, alla sfiducia. All’improvviso videro un robusto ed irto albero che, ignaro del temporale, porgeva loro la sua frondosa chioma, dalle rame dorate e verdi e mormoranti tra il fruscio del vento. Avevano trovato un ricovero. La fiducia si era riaccesa; la notte non pareva più cosi buia; l’animo rincuorato. Ora era la paura che indietreggiava cedendo il passo alla speranza. Ma le fronde iniziarono ad appesantirsi e ad abbassarsi. I bambini guardavano il cielo pregando il loro angelo custode perché invocasse l’aiuto di Dio, troppo forte era il temporale per dei soli angeli. Rimanevano in attesa, fiduciosi. Speravano nelle loro preghiere, ci credevano. La loro fiducia fu premiata. Il temporale tuonò un’ultima volta, tremò, poi cessò. Erano stati ascoltati, seppure bambini, da Lui. E ricordarono le parole del Vangelo: “Lasciate che i bambini vengano a me”. Compresero che credevano. Quella sera avevano imparato cose importanti, troppe, per una sola sera. I profumi della natura, il suo animo, benevole e avverso, ma, soprattutto, il valore ed il significato della libertà, della fiducia e la potenza della Fede. E infine, l’importanza del gioco, fabbrica della loro mente, ove da bambini si erano ritrovati in un attimo adulti in un gioco di ruoli invertiti ove gli unie gli altri si scoprono, riconoscono e finalmente conoscono in un’unica dimensione di spazio, tempo e sentimento, in quello storico primigenio divenire dell’Io. E quindi, il giorno dopo, grati, tornarono a ringraziare l’albero, il loro angelo custode e, quindi, Gesù Cristo. Nella flebile rosea luce del tramonto, accostandosi timidamente ai suoi piedi, si accingevano a compiere quel delicato gesto con il quale, nei primi mesi di vita, il bambino viene presentato con il suo nome di Battesimo a Gesù Cristo: lo chiamarono Salvatore. (da biblioteca di Bassano)

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