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L’AUTORE. Emanuele Amatori, segnalazione della biblioteca di Thiene

La notte di Aladina

Emanuele Amatori

Aladina viaggia in tondo nel buio senza una meta, le sembra molto tempo fa che ne aveva una, ormai sa che si è perduta. I maledetti nomi dei luoghi le erano tutti uguali: metà della lunga notte l’ha girata da pianure a montagne, e la rabbia per non riuscire a farcela era la sua sola passeggera, quindi ha mancato l’appuntamento, deludendoli. Disgustata è tornata indietro, disgustata, si rifugia nella sua calda stanza. Accende il ventilatore e guarda laggiù: radi insetti impazziscono intorno ai lampioni arancioni, paiono braci sprigionate dal fuoco; alcune in un batter d’occhio si son spente nelle ombre, o è un’ombra, rapida e cieca, che fora il cono di luce al sodio, e ingoia una scintilla alata. Ma, con l’estate, di 'ste ombre ormai, Widecreek n’è sempre più priva; dalla sua finestra sopra il paese, i ricordi di Aladina s’involano a quel bimbo, che alle sere di questi altri giorni affascinava contare, al loro decollo dal sottotetto di casa, «quanti pipistrelli?» si sparavano come semi scuri tra le prime timide stelle. Mentre dietro le palpebre rivede le fette di quelle grandi angurie che io le donavo, e che quel bimbo mangiava da nonna nel pomeriggio: il rosso acquoso e dolce, ma disseminato di goccioline nere (fastidiose), da fare a gara a chi le sputa più lontano; ecco fulminea la strana Considerazione: quante ne ha viste, nel tempo, questo suo letto? (Ci si era buttata, a braccia larghe, e ne aspira col naso l’odore).Sogni vi si allungano sopra già da diciannove anni: han fatto piano, ma inesorabilmente. E le volte che ha goduto di se stessa? Si riosserva: quell’inarcarsi acerba e novellina sotto tiepide lenzuola… A che pensava, nel mentre? Si è scordata. Giunge così a due settimane fa: i suoi andarono ad Aquileia da nonno Mario, e lei portò Teo a stare lì, e dieci giorni vissero insieme in una vacanza lontana da tutto: rimanendo a Widecreek, ma trovando quiete e divertimento in quel “Loro”: «E su questo letto non pesai più io sola, esso ci sentì insieme. È questo l’Altare dove la mia curiosità versò in vertigini dolceamare? Dove mi persi e mi ritrovai in gemiti compiuta?». Sì, le piacque vederla così; dove la sua femminilità venne incoronata, dove accadde quel che accadde. Fluendo in quei pensieri le era scivolato via un po’ del fastidio per la sconfitta di quella sera, ora però doveva riposare, prima di rimettersi alla guida (ciò non le garbò molto); ma se ne andava alla casa al mare di Mia tra poche ore: cambiava aria. S’alzò, tolse i vestiti, prima di ributtarsi a letto spense il ventilatore e non guastai, mentre la notte scoloriva, il suo fresco sonno, perché per ultimo Aladina chiuse la finestra impedendomi di entrare. Si trovarono alla piazza centrale di D’Argò, come d’accordo. Erano felici, non si vedevano da un paio di mesi; consumati i convenevoli s’avviarono verso la casa (che in realtà era della zia di Mia, al sud per lavoro), Aladina era molto curiosa. Questa si rivelò essere al secondo piano di un condominio: piccola ma carina, predominavano il nocciola e il beige; attrezzata del minimo essenziale eccetto per le pareti, la credenza e il tavolino del soggiorno: fitti di chincaglieria; Aladina era attratta dal kitsch, ne aveva scritta pure un’ode. «Abbiamo tempo per una doccia e stasera c’è festa in un locale in spiaggia.» Sentii parlare Mia, io le avrei attese già là. Adora la strada per D’Argò: di colpo l’asfalto fila nel caldo vento (il re di quelle piane d’oro spiegate al sole) che irrompe nell’abitacolo e cavalca la capigliatura, odori marini sprizzano dagli zoccoli sfrenati dei cavalli; e lì Zerzelte, il suo angulus ridet: risente le urla che addolcirono quel sibilo al salso: quei bimbi che giocavano in piazza… Pensa a Teo, a lei, al suo letto: chiude la doccia, esce. La sera si ritrovò inevitabilmente a parlarne, allontanatesi dalla caotica movida: «Ormai è fatta Mia, cerco di non pensarci molto.» «Ma è andato tutto bene?» «Sì sì.» «Teo?» «È stato bravo, mi è rimasto molto vicino.» «Son felice che è andato tutto apposto, dai, vieni qui. Bevi qualcos’altro?» «Certo.» «Andiamo!» Aladina era molto bella, ci ballai tutta la notte, anche se non poteva sentirmi; fra le musiche e i drink, i corpi, le luci chiamai l’alba (lei non voleva perdere un istante di me). Lasciò Mia addormentata sulla spiaggia, camminò verso l’acqua. Si volse, sorrise. Aladina guarda l’orizzonte. Sento con la sabbia che sostiene i suoi piedi nudi, che il suo ventre è vuoto, da libertà, è beffardo: com’è il mio cielo sopra al mare, questa mattina. (da biblioteca di Thiene)

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