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L’AUTORE. Roberto Venco, da biblioteca di Trissino

La bravata di De Marzi

Roberto Venco

 

L’ottima cena nell’accogliente localino collinare sta volgendo al termine, e l’atmosfera amichevole instauratasi tra i clienti è evidenziata anche da una serie di spassose barzellette magistralmente raccontate da un tale. In un momento di pausa le chiacchiere di quattro persone vicine di tavolo e con una sessantina d’anni sulle spalle vanno ai ricordi di gioventù, nello specifico ai loro trascorsi scolastici. Avevano frequentato la media Lampertico di Valdagno, e anche se non sono state compagne di classe i tempi erano quelli per tutti, perciò è venuto loro naturale rimembrare le cose, le situazioni e gli insegnanti di allora, in primis il mitico maestro di musica Bepi de Marzi, eccelso organista oltre che autore di pregevoli arrangiamenti e di molti splendidi canti di montagna mirabilmente eseguiti dai suoi Crodaioli, a cominciare dall’immortale Signore delle cime. La sua ora settimanale di lezione era sempre attesa con impazienza da tutti, sia per la passione e l’abilità che aveva nel trasmettere interesse per la musica, sia perché riusciva sempre a ricavare un po’ di tempo prima del suono della campanella per parlare del suo amore per la natura, ed era una delizia sentirlo, ma anche una pacchia quando raccontava le avventure della sua vita, come qualcuna delle mattane che aveva combinato durante la naja nei paracadutisti e anche di come si divertiva a volte alle spalle di qualche organista insicuro. Tremenda quella che aveva combinato a uno di loro. Al sabato sera il maestro teneva spesso concerti in varie chiese della provincia di Vicenza e non solo. In una aveva notato che qualcuno, l’organista parrocchiale con ogni probabilità, per non confondersi durante una sonata aveva scritto su ogni tasto dell’organo la nota musicale corrispondente. Allora gli è venuta la diabolica idea di cancellarle tutte e poi riscriverle un tono più alto. Il giorno dopo non ha resistito alla curiosità ed è andato a sentire in quella chiesa la messa delle dieci, quella cantata, per godersi l’effetto del suo tiro mancino. Esso però è stato ben superiore di quel che si sarebbe mai aspettato, infatti lo sfortunato organista ha suonato in maniera orrenda tutti gli accompagnamenti al coro. «Mi sono molto pentito di quel che ho fatto», aveva confessato ridendo il maestro, e mi sono ripromesso di non ripetere mai più quello scherzo. «Alla fine della messa non sono riuscito ad andarmene a cuor leggero, mi tormentava il dubbio che il buon uomo non riuscisse a venirne a capo del problema e ricorresse all’aiuto di qualche collega, finendo per coprirsi di ridicolo ancora di più per colpa mia, quindi ho deciso di rimediare presentandomi a lui e confessare il mio gesto, scusarmi e subire anche la sua giusta ira casomai. Ho atteso qualche minuto prima di muovermi perché subito non ho trovato il coraggio per farlo, intanto la chiesa si era svuotata rapidamente. Poi mi sono deciso, ma appena fatti due passi ho sentito provenire da dietro l’altare dov’era situato l’organo un sonoro sacramento, seguito da alcuni accidenti indirizzati verso ignoti. Non era il diavolo bensì l’organista che a mente fredda finalmente era riuscito a trovare l’inghippo. Il mio intervento riparatore non serviva più, allora sono sgaiattolato via con passo leggero e veloce. Quando sono arrivato sull’uscio mi sono girato e ho mandato un ringraziamento al Cristo che troneggiava sopra l’altare e che sembrava osservarmi con sguardo severo ma comprensivo. In quel momento mi sono sentito veramente sollevato e sono tornato a casa felice». L’arrivo della brava ed avvenente cameriera con i caffè di fatto chiude il magico momento dei ricordi ma non l’amicizia che si è creata tra i quattro. Infatti promettendo di ritrovarsi tutti a breve, pregustano già una nuova e divertente serata. (da biblioteca di Trissino)

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