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L’AUTORE. Vajada Keci, segnalazione della biblioteca di Montecchio M.

Il vicino di casa
e il mio velo sulla testa

Vajada Keci

Chi altri tranne me, avrebbe pensato che trasferirsi in un altro Paese sarebbe stato facile. Mi sono sempre piaciute le avventure, i viaggi ed in particolare le sensazioni che ti creano gli edifici, le strade il modo in cui il sole cade sulle pietre del luogo. Il tempo scorre lento e l'entusiasmo ti si blocca in gola dalla paura del ignoto. Da qualche parte sicuramente ci sarà un centro città, sicuramente ci sarà un qualche giardino pubblico. La sua biblioteca può essere piena di luce e lettori, oppure buia cupa e vuota, vedremo come sarà qui. Appena apro gli occhi al mattino, ancora sdraiata a letto, vedo tre palme altissime dalla finestra, nient'altro che loro ed il cielo blu. Richiudo gli occhi e mi immagino nella mia città, con davanti l'orizzonte dove il sole bacia il mare accarezzato da una fresca brezza. Dopotutto questo posto non dovrebbe essere così male visto che mi trasporta con l'immaginazione in luoghi esotici. Non è un segreto che questo sia un paesino difficile. Una bella parte della gente del posto si fa notare, ben più di me che vado in giro con il velo islamico in testa. Non è sicuro girare per strada con quel velo di ’sti tempi. Ormai riesco a riconoscere a vista “l'educato” di turno; capisco già da lontano se sentirò o meno gridare le solite tristi parole: “Tornate al tuo paese!”; “Mussulmana di m...”. A volte mi viene da rispondere con dialetto bresciano “Ostrega! Sò de Brésa so miha, iga mi baita en San Polo, pota dove me devo andà, lasàme en pas!”, così, solo per fare uno scherzetto, un effetto sorpresa, tanto nessuno mi conosce, nessuno sa ancora che sono albanese e di bresciano ho solo la laurea. Non ho mai avuto il coraggio di farlo, sarebbe un idea per le prossime volte quando mi beccherò un insulto, giusto per sdrammatizzare un po. Anche se mi viene il dubbio: non è che confonderanno il dialetto bresciano con qualche lingua straniera ed i miei sforzi di coraggio saranno inutili? Che ridere! Su dai, diamo una possibilità a questo posto, andiamo a visitare la biblioteca, chi sa come sarà. L'afa di luglio rende le giornate pesanti. A me ogni città tranne Durazzo mi sembra un paesino, ma se la mia Durazzo fosse così ben tenuta e urbanizzata come questo piccolo paesino sarebbe ancora più meravigliosa! Eh, il mare della mia città! Non vedo l'ora che arrivi agosto per andarci. Adesso che ci penso, mi servirebbe proprio una bici come quella di quest'uomo che mi sta venendo in contro, perché mi guarda cosi arrabbiato?! Uffa, vediamo adesso cosa griderà. Si ferma, scende dalla bici rivolgendosi a me urlando: «Toglilo quel velo! Non l'hai ancora capito che sei in Italia? Se te ne vuoi stare qua te lo devi togliere, hai capito!». Riesco ancora a gelare dalla paura di fronte a questi assalti. Ma io non sono muta o sorda, non temo nessuno perché non ho fatto niente di male e nessuno mi può costringere a stare zitta vittima di violenza verbale gratuita. Ti prego reagisci Ada! Parla! Mi sono lasciata andare questa volta, non ce la facevo più a tenermi dentro tutte le possibili parole che avrei potuto dire in mia difesa, subendo in silenzio, lasciar scivolare come sempre, facendo finta di niente, adesso basta. Un po’ di dignità ti prego! «Eh no! Ora mi sente lei! Se le piace così tanto imporre alla gente quel che deve o non deve mettere in testa, sarebbe meglio che lo faccia con sua figlia, sua moglie o sua madre se ne ha voglia. Lei non mi conosce, e non ha nessun diritto di aprir bocca su estranei! Se non mi lascia in pace chiamo la polizia!”. L'uomo evidentemente scosso tentò di dirmi qualcosa ma salì in bici e se ne andò. Non la scorderò mai quella bici, tremavo per quel che avevo appena detto, non credevo a quel che avevo appena fatto. Io avevo reagito?! Beh, decisi di scoprire un’altra volta la bellezza della biblioteca. Me ne tornai a casa, sotto le coperte e tra le lacrime mi chiedevo se sarei stata abbastanza forte per andare avanti in questo posto che mi ha accolta con cotanta ostilità: sarà sempre così? Quella sera, mi affacciai alla finestra, avevo così tanto bisogno di aria fresca, quando vidi il signore di prima chiacchierare con un altro uomo, un’aria gelida mi passò sulla schiena. Mi aveva seguita? Sa dove abito? Vuole vendicarsi e farmi del male?! Venne la suocera e mi disse: «Vedi quel signore lì? Abita proprio nell’appartamento di fronte. Lui e sua moglie sono delle persone splendide, gentili e cordiali, un giorno te le presenterò».

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