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L’AUTORE. Federico Bruno Calearo, segnalazione dalla biblioteca di Creazzo

Facciamoci del mare

Federico Bruno Calearo

 

Erano quasi le sei. Avevi le guance scottate dal sole e gli occhi stanchi. Ti sei seduta abbassando lo schienale, slacciandoti gli scarponi e siamo ripartiti. Le montagne scorrevano nei finestrini come diapositive illuminate da quel sole di agosto caldo e un po' rossastro. La nostra fuga era appena finita. Io scendevo piano, affrontavo ogni curva con estrema dolcezza, perché a te è così che piace, non vuoi tutto e subito, non hai fretta di amare e preferisci farti conquistare, un poco per volta. «Ma non possiamo prendere l'autostrada?» «Sì, ma non so quale.» «Prendila, ti prego. Vomito con tutte queste curve.» Ce n'è una che ci farà fare un giro lunghissimo, però la prendo lo stesso. Non riesco a dirtidi no, non sono mai riuscito a dirti di no e se il ritorno si dovesse allungare allora ti avrò ancora un po' con me, avvolta nella mia camicia grossa a quadri verde e mattone, a far finta di dormire, ad alzare il volume della radio quando passa la canzone che ti piace. «Mi sa che abbiamo sbagliato strada...» «Ma se è tutta dritta!» «C'è il cartello per il mare, fai tu.» Faiun balzo dal sedile facendoti leva sulle braccia: guardi la segnaletica, per un istante quasi non ci credi e inizi a ridere. Mi guardi, con quegli occhi spalancati, mordendoti il labbro inferiore e azzannandoti un'unghia. L'ansia ti si legge in faccia. Tu non sei fatta per uscire dai percorsi tracciati, dagli schemi, non sei una che si concede deviazioni. Ma io la strada per il mare l'ho presa lo stesso e tu ti sei messa a guardare il navigatore, a capire dove fossimo, quanto tempo ci avremmo messo a tornare, a calcolare le distanze. È difficile, sai, calcolare le distanze, capire quanto ci manca per arrivare, tu che non vuoi dirmi niente a parole e tutto con gli occhi. Mi guardi, stai ancora ridendo e io mi sto ancora innamorando. Ho fermato la macchina sotto ad una pineta, vicino ad un bar ristorante di un qualche campeggio. C'era parecchio buio e dei ragazzini ci guardavano, dall'alto dei loro motorini, chiedendosi cos’avremmo voluto fare. Siamo scesi con gli scarponi e i pantaloni da trekking, vicino ad una coppia col passeggino che aveva già capito tutto e ci guardava. Tu ti sei spogliata in fretta per fare in fretta sul serio, coprendoti con il braccio sinistro il seno, mentre io facevo un fagotto di tutto, proprio di tutto, restandomene in mutande. Siamo corsi verso il mare. Per mano, ridendo tanto, fregandocene ancora di più. Ti sei legata i capelli e ti sei tuffata in quell'acqua agitata, scurissima e caldissima, lasciandoti coccolare da quelle onde piene di schiuma, apparendo e scomparendo,salendo e scendendo, un po' come hai fatto con me. Stavolta però sapevo dove venirti a cercare. E mi sono tuffato anch’io. Ci siamo dati forse il bacio più bello di sempre. Sentivo il tuo seno accarezzarmi il petto, i tuoi occhi stavolta chiusi perché non c'era più nulla da controllare e le tue mani fredde sopra alle mie spalle. Avrei voluto che quell'istante non finisse più, che quel piccolo e straordinario frammento della nostra estate restasse per sempre, che tu restassi per sempre. «Io inizio ad avere freddo.» «Io voglio stare qui con te.» Mi hai baciato ancora, e ancora. Dalla spiaggia qualcuno ci guardava. «Ma quelli ci stanno guardando?» «Eh, sì. Chissà cosa direbbero se vedessero come ti è colato il trucco.» «Oddio il mascara!» «Sembri un panda. Il mio panda preferito però.» Ti ho passato le dita appena sotto agli occhi, per togliere quel nero diluito dall'acqua del mare, mentre tu restavi immobile. Io, te e la silente schiera di ombrelloni fermi e ritti come soldatini ad osservarci.Immersi in un mare caldo, con niente addosso, senza nulla attorno e con i nostri traguardi, le nostre sconfitte, le nostre pause e le nostre salite. Eravamo sempre meno coppia e sempre più amore. La schiuma raggiunge la riva e sparisce nella sabbia. Il mare viene verso di noi, si ferma un secondo e poi ritorna indietro. Restiamo a guardarlo. Possiamo solo guardare, perché noi siamo così piccoli e così finiti da sparire in mezzo a quelle immense montagne e dentro a questo infinito mare. Sento la sabbia dentro agli scarponi, la salsedine sui baffi e sulla barba. Tu ti stai rivestendo e mi sgridi perché ti guardo. Metto in moto. Vorrei che questa estate non finisse mai, vorrei potermi rituffare in quel mare caldo con te. Stavolta siamo riusciti a farci un po' di mare e, forse, anche un po' di male. (da biblioteca di Creazzo)

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