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L’AUTORE. Giulia Tessari, segnalazione della biblioteca di Isola

Dopo il viaggio in Africa
l’estate è il sole dentro

Giulia Tessari


Voliamo in Kenya per realizzare un sogno: vivere l’esperienza del safari. I paesaggi che si scontrano con i nostri occhi tolgono il fiato. Di fronte alla maestosità della natura le parole vengono meno e ci sentiamo così piccoli: sabbia color porpora, infuocata, si distende intorno a noi, oasi dalle mille sfumature, animali maestosi ed aggraziati ci guardano con curiosità. Siamo incantati come bambini che vedono qualcosa per la prima volta. L’allegria vince sulla stanchezza.
Chi ha voglia di prendersi troppo sul serio in questo pezzo di mondo? Lontano da tutto, in sintonia solo con la natura e la nostra anima. Troviamo una serenità e una pace sconosciute al nostro sistema nervoso, che si scopre rilassato.
Il terzo giorno attraversiamo una zona, lontana dalla città, in cui sembra non esserci nessuno straccio di civiltà, solo polvere infuocata. Scorgiamo delle dimore costruite con la terra, silenziose.
In quel luogo così ostile e che non ha nulla da offrire c’è molto di più. Un mondo intero.
Delle sagome, esili e leggere si muovono a gran velocità verso di noi, ci chiediamo perchè, non c’è nessuno di importante.Decine di bambini danzanti ed euforici sbucano dalla sabbia per correre incontro a una jepp. «Ciao!» urlano. «Jambo!» rispondiamo. Ognuno cerca di parlare la lingua dell’altro, per cortesia. I loro sorrisi bianchi e sgargianti contrastano con il colore della pelle e della sabbia di cui sono ricoperti.
Quelle anime allegre nonostante le difficoltà, donano a tutti qualcosa di prezioso, che nessuno potrà portargli via: il loro sorriso, la loro speranza.
Quanti possono dire di possedere tutto questo?
Non hanno importanza il colore della pelle, la lingua o il passato.La nostra guida, Waldady, ci spiega che in questi villaggi c’è molta povertà; l’acqua manca e le donne devono fare, insieme ai loro bambini, anche sessanta chilometri al giorno per raggiungere la città e riempire le taniche.
Sembra pieno di speranza Walady e anche noi ci uniamo al suo pensiero e simpatizziamo per Kenyatta, l’uomo che aiuterà questo pezzo di Africa. Una donna ci passa accanto, porta una tanica in testa, sembra pesantissima. Dietro di lei due bambine: una porta una tanica e l’altra tiene in braccio il suo fratellino. Salutano, sorridendo. Mi chiedo come si possa sorridere dopo una giornata così ma non penso troverò mai una risposta. Iniziamo a distribuire vestiti, colori, quaderni, saponi portati dall’Italia e nel giro di pochi secondi ci troviamo circondati da ragazzini di tutte le età, incuriositi. Hanno vestiti sporchi, bucati e la maggior parte di loro non porta niente ai piedi. Chiedono dell’acqua. Saltano mostrandosi il regalo ricevuto e sembrano così emozionati che anche noi iniziamo a rivalutare quel dono. Un bambino mostra fiero una felpa che gli andrà decisamente grande, ma poco importa. Scattiamo una foto insieme e in quel momento quelle mani, così piccole, diventano forti, ci stringono come se ci conoscessero da tempo e ci volessero bene. Poche persone mi hanno abbracciato così, talmente forte da toccarmi l’anima. Nonostante venissimo da due mondi così diversi, non ho dubitato per un attimo della sincerità di quel gesto. Ho provato un profondo senso di pace e serenità.
Il nostro cuore è straziato, ma una cosa è certa: è stata una grande lezione di vita. Kenyatta ha perso. Ma nessuno di loro ha perso il sorriso. Decido di portare quella positività con me, in Italia, ma mi rendo conto che non ce l’ho fatta, non come avrei voluto almeno. Porto in tasca quel pezzo di mondo, così diverso, difficile ma gioioso. L’Africa non può lasciarti indifferente, ti farà conoscere te stesso e ti stravolgerà il cuore e i pensieri. Ti farà ammalare e per questa dolce malattia non c’è cura se non quella temporanea di far ritorno in questi luoghi per tornare con il cuore più pieno, perchè ci sono viaggi da cui non torni, che ti cambiano.
E io ho imparato che l’estate non è solo una stagione; è uno stato d’animo, esattamente come il mal d’Africa. È imparare a perdere tempo di fronte allo spettacolo della natura, noi che siamo sempre di corsa. È il sorriso di un bambino, il tramonto con i suoi colori, il senso di pace e libertà, è conservare la speranza, trovare il coraggio di non arrendersi e ricominciare. L’estate è il sole che c’è dentro di noi.

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