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L’AUTORE. Charlotte Lucca, segnalazione dalla biblioteca di Schio

1939, ciliegie di guerra

Charlotte Lucca

 

I denti bianchi di Aline Toaff affondano nella polpa deliziosa e dolciastra della ciliegia che s'è appena infilata in bocca; il succo cremisi del frutto, a contatto con le sue papille gustative, le fa socchiudere le palpebre e rilassare tutti i muscoli del corpo, tanto è squisito. È da un bel po' che non assapora una ciliegia, e si può perfettamente dedurre dal modo in cui, con un'ingordigia e un'avarizia degna di una lupa famelica, se ne porta due, tre, persino quattro al colpo, alle fauci. Gli ossi all'interno, li sputa per terra, ma non prima di denudarli di ogni minimo accenno di polpa: cadono poi al suolo erboso e secco con un tonfo impercettibile, e lei, seduta sul ramo con le gambe penzolanti nel vuoto, li guarda precipitare, masticando e lacerando con gli incisivi e i molari i frutti rossi della pianta, man mano che vengono raccolti dalle sue piccole, celeri mani. Luca, appeso lì vicino, la fissa, parecchio divertito. Farsi una scorpacciata di ciliegie, al tramonto, in compagnia di Aline, è sempre uno spasso per lui, specie di quei tempi: “Il 1939 avrebbe bisogno di tante altre ragazzine come Aline,” gli ha detto sua madre, una volta, e Luca le ha creduto sulla parola. Solitamente i francesi non gli vanno molto a genio, ma per Alineha fatto un'eccezione particolare. Sarà stata la sua vena ebraica dalla parte di papà, saranno stati i suoi capelli lunghi e scuri, i suoi occhi neri, profondi da mozzare il fiato, o le sue guance arrossate dagli zigomi sporgenti? O forse, s'è innamorato di lei per via del suo modo di fare, del suo perenne sorriso? Luca non lo sa e non l'ha mai saputo. In breve, un assioma: è così, punto e basta, mica lo può dimostrare. “Al volo!” gli urla la ragazza, lanciandogli un grappolo di ben quattro ciliegie, i piccioli fusi insieme all'estremità. Luca lo afferra con una mano, mentre con l’altra si tiene alla pianta, e una volta sicuro d’essersi stabilizzato di nuovo, ecco che se ne infila una in bocca, strappandola rudemente dal gambo. “Secondo te sono vere, le voci?” Aline si alza in piedi, mettendo a dura prova il suo equilibrio, solo per raggiungere l’amico, un po’ più in alto, e sedersi accanto a lui. Luca la guarda, alzando un sopracciglio con fare interrogativo. “Che voci?” “Alla radio vanno dicendo che potremmo entrare in guerra anche noi”. “Sono un mucchio di baggianate,” scuote la testa l’altro, mangia un altro frutto e “non ascoltare tutto quello che viene detto in giro,” la rimprovera. “Però pensaci, Luca,” gli occhi neri di lei cercano i suoi, insistenti, e quando li trovano, un oceano nero come la pece si riversa nel cielo azzurro delle iridi del ragazzo. “Ammettiamo per un attimo che l’Italia davvero entri in guerra. Noi che facciamo?” “E’ impossibile: mio padre dice che entro l’anno prossimo sarà comunque tutto finito. Basta solo sopportare la Germania un altro paio di mesi, ed è fatta. Mica hanno risorse infinite, quelli là. E poi siamo tutti contro uno, quindi non c’è da preoccuparsi”. “Ma ammettiamo per un attimo che la guerra non finirà fra pochi mesi. Ammettiamo per un attimo che arriverà fino a qui”. “In quel caso, io e te possiamo scappare, no?” Luca restituisce lo sguardo, i loro ginocchi che si toccano. “Ci rifugiamo da qualche parte nelle Alpi, o nelle Dolomiti. Dove vuoi. Un posto in cui non ci troveranno mai”. Aline scrolla energicamente il capo. “Solo io e te? E lasciamo indietro gli altri?” Giusto, gli altri. E’ che Luca si scorda degli altri, quando si tratta di lei. “Allora dovremo stare qui. Ti posso sempre proteggere io, comunque,” fa spallucce il ragazzo. “Ma non sarà necessario, perché la guerra non arriverà da noi. Era solo un’ipotesi, la tua”.“Solo un’ipotesi,” mormora lei, annuendo, interrompendo il contatto fra i loro occhi. Sì, solo un’ipotesi. Il sole, intanto, sta scomparendo, inghiottito dalle montagne. I suoi ultimi raggi dipingono i due visi d’oro, scemando pian piano, fino a far tornare la loro pelle del suo colore originario. E’ una bella illusione, quell’oro. “Direi di tornare a casa, adesso,” sospira Aline. “Tanto abbiamo tutto luglio per mangiare le ciliegie”. Luca le fa l’occhiolino: “Scendo prima io, così se cadi ti prendo al volo,” e sorride. Poco ne sanno, comunque, che l’estate del 1939 sarà l’ultima in cui Aline Toaff potrà assaporare quel frutto che le piace tanto: purtroppo, ad Auschwitz, le nuvole sono perenni, e il sole non splende abbastanza da far crescere i ciliegi. (da biblioteca Schio)

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