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INTERVISTA A OSCAR FARINETTI

«Siamo condannati a vendere bellezza». «La vera rivoluzione l’Italia 100% biologica»

La cosa che colpisce maggiormente quando si intervista Oscar Farinetti, fondatore di Eataly e ex proprietario di Unieuro, è la sensazione di ottimismo ed euforia che riesce a trasmettere. La convinzione che ti lascia che tutto sia possibile, basta volerlo fortemente. La sua vita è tutta riassunta nella sua ultima fatica letteraria “Never Quiet” edizioni Rizzoli, dove Oscar si racconta senza filtri: «La mia storia, autorizzata...malvolentieri (è il sottotitolo un po’ provocatorio, ma non così tanto). Anzi mi sono concentrato di più sui miei errori che sui successi, perchè se non li racconto io gli sbagli, chi meglio li può raccontare? E io ne ho fatti tanti». Non fa un piega. Eataly è stato un errore? «Assolutamente no. Siamo condannati a vendere bellezza, in Italia abbiamo il 70% di tutta la bellezza artistica del mondo, è incredibile questo, e quindi siamo destinati ad offrire ospitalità. E qual'è la capacità dell'oste? Quella di farti sentire come a casa. Io girerò il mondo a spiegare come si fa l'oste. A Eataly ci si sente a casa, anche se si è in giro per il mondo». La passione per il cibo e l’ospitalità Farinetti la eredita dalla nonna: «Andavo sempre a prenderle il latte in una bottiglia di vetro e mi è rimasto il ricordo del profumo di quel latte crudo, è stata la mia madeleine. Girando il mondo mi sono reso conto che gli italiani non solo sono simpatici, ma siamo stimati». E Fico è stato uno sbaglio? «Assolutamente no, certo il covid non ha aiutato, ma ora sta ripartendo alla grande, soprattutto come luogo didattico per i bambini. Non è stato un investimento per guadagnare, io introdurrei una tassa del 100% sui guadagni oltre un certo tetto di reddito. I patrimoni immensi non hanno senso, la ricchezza va distribuita. La Russia è una nazione enorme e povera mentre ci sono 1500 famiglie ricchissime tra cui un criminale, Putin, che ne tutela gli interessi, questa è la stortura». La cucina italiana è la migliore al mondo? «È 30 anni che la studio e direi di no, quelle storiche sono la cinese, la giapponese e l’indiana. La nostra è un’infante, è esplosa verso la fine dell'800 grazie ad Artusi e da lì abbiamo fatto passi da gigante, insegnando al mondo come si cucina, avvantaggiati dal fatto che la nostra è una cucina semplice, ripetibile. La ricchezza dell'Italia è la biodiversità, in 100 km ci sono tre cucine diverse. Ci sono almeno 10 regioni convinte di aver inventato la polenta, idem per il tortellino e via così». Quindi è una ricchezza da sfruttare. «Certamente, possiamo tranquillamente raddoppiare l'export dell’agroalimentare italiano, anche se con Eataly l’abbiamo già raddoppiato, arrivando a 50 miliardi, ma possiamo arrivare a 100 miliardi. Soltanto dobbiamo valorizzare le diversità del territorio, i giovani di Bassano devono produrre asparagi, realizzare un packaging giusto ed esportarlo nel mondo. Manhattan fattura 50 miliardi con il cibo, un'isola che giri in 4 ore in bicicletta. Roma fa la metà dei turisti di Dubai, vi pare normale?». Farinetti è un fiume in piena: «Per vincere le sfide nel mondo bisogna studiare, siamo il Paese più bello, ma siamo al 23° posto in Europa per tasso di lettura. Dobbiamo conquistare il mondo con il cibo, quello che non abbiamo mai fatto nei secoli con le colonie». E quale può essere l’arma vincente? «La svolta è dichiarare tutta l'Italia bio, siamo già al 37%, in una decina di anni possiamo arrivare al 100%, siamo l'unico Paese al mondo in grado di farlo. Immaginatevi se Draghi annunciasse al mondo intero a reti unificate una notizia del genere, sarebbe rivoluzionario. Sarebbe una operazione di marketing pazzesca. Noi siamo condannati a fare cucina e agricoltura di alto livello, siamo passati dal vino al metanolo al vino battuto alle aste internazionali». Cosa sceglie Farinetti al ristorante per capire se si mangia bene? «Io sono fanatico dell’acqua minerale abbiamo le migliori al mondo, in bottiglia di vetro. Io non apro il menu, dico all’oste di portarmi i tre piatti più buoni che ha, mi piace la sorpresa». E il piatto della memoria? «Caffelatte con il pane vecchio e il latte crudo della vacca del contadino, quello con la pellicola». Sa cucinare? «Sì, un po’, ma non mi piace quello che cucino, sono un critico e poi ho mia moglie che è una cuoca da tre stelle Michelin. In Italia a scuola non abbiamo materie di educazione alimentare: un errore gravissimo, mentre abbiamo oltre 130 trasmissioni televisive sul cibo, alcune orribili».