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GIULIANO BALDESSARI

L'Aqua Crua, casa di cura, ma anche luogo creativo del disagio dello chef

Se lo stato di salute psicologica e mentale dello chef Giuliano Baldessari dovessimo giudicarli dagli ultimi tre menu degustazione che ha licenziato nel suo ristorante, eremo e luogo di cura, l'Aqua Crua nel verde lussureggiante dei Colli Berici, a Barbarano, dovremmo emettere un referto di guarigione completa. Intendiamoci, questo non significa che la follia creativa e con essa la verità senza filtri, del percorso creativo di Giuliano non tocchino punte estreme, non per tutti (un esempio può essere l'alga al nero con lievito e chat masala e kefir lime, che a noi per altro è piaciuta molto) ma significa che il cuoco ha trovato una via salvifica.
IL DISAGIO È lui stesso a raccontare il suo disagio con grande pudore. L'alcolismo e la morte tragica del padre, il divorzio dei genitori, l'instabilità degli affetti più cari hanno più volte fatto mancare la terra sotto i piedi allo chef, trascinandolo verso una vita folle, sregolata, di eccessi. La cura da subito è stato il lavoro, Giuliano collabora con alcuni dei più grandi chef internazionali (Aimo Moroni a Milano e i tristellati Marc Veyrat a Megeve e Annecy in Francia e Massimiliano Alajmo, a Le Calandre, di cui diventa sous chef.
LA CURA Nel 2014 nasce la casa di cura Aqua Crua, ristorante e insieme eremo e laboratorio di creatività e monastero, dove Giuliano ha spazio per dare "gusto ai suoi pensieri" e per potersi sperimentare con tecniche e modalità spesso bizzarre e inesplorate. Tra queste la tecnica l'assaggio in segreto delle prove dei piatti nudo, vestito solo di una tuta in latex per isolarsi dal disagio, inibire completamente gli altri sensi e concentrarsi esclusivamente nel gusto, veicolo di guarigione. La stella Michelin è un punto di consapevolezza che lo porta ad una maturità bastante a convincerlo che fosse giunta l'ora di togliere il velo e liberare la follia, "mostrare il disagio e accompagnare l'ospite nella propria verità, in uno spettacolo in cui attore, regista e scena sono un unico essere".
LA CUCINA IN LATEX Così nascono i tre nuovi menù: uno, due e tre gradi di follia e provocazione. Da un lato una carta classica e "originaria", un ritorno alla tradizione, che gli ha permesso di spiccare il volo nei tre degustazione con un'escalation di provocazioni e trasgressioni da affrontare passo per passo, un viaggio per ritrovare la stabilità nel gusto. Obbligatorio partire dal menu uno, per abituarsi ad interagire con gusti inediti "volti a stimolare i neurotrasmettitori e piatti di portata che, come opere d'arte, aprono un dialogo con la coscienza dello chef". Quello che possiamo dire è che l'esperienza è stata una continua sollecitazione dei sensi, il rognone di coniglio con riduzione lattica alle morchelle e tartufo nero scuote, il dolce, una crema di fegato cipolle rosse e gelato all'alloro lascia storditi sulla sedia, per lunghezza gustativa.