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ANGIOLINO MAULE

«Fatto solo con l’uva». In un libro “raffinato” la filosofia del guru dei vini... naturali

A leggere le vicende di Angiolino Maule, si resta prima sorpresi, poi ammaliati e infine stupiti. Stiamo parlando di un viticoltore, nato nel 1954 a Gambellara nel Vicentino. Terra di vigne e in particolare di “recioto” e di “vin santo”. Questa è storia. Che in parte è stata messa nero su bianco all’interno di un libro “La concretezza di un sogno. Come fare il vino solo con l’uva” che Angiolino Maule destina ai posteri buoni e volenterosi. E, soprattutto, interessati a conoscere la terra, a toccarla, a capirla per coglierne essenza, miracoli, origini e mutamenti.
Ma questa non è che la fine di un’avventura di un giovane che arriva alla terza media, entra in una fabbrica di confezioni, parte per il militare, assegnato alla fanfara degli alpini come trombettista (anche se ora suona il sax perché lo aiuta a tener libero il cervello). Torna, abbandona la fabbrica, cura i vigneti di un signore di Gambellara e mette in piedi una stireria industriale con un amico. Le presse non fanno per lui e con Rosaria, che in seguito diventerà sua moglie, apre una pizzeria che conduce con soddisfazione per dodici anni, dove conosce viticoltori di Soave e comincia ad invaghirsi dell’idea di iniziare a produrre vino.
Ed è qui che l’esistenza si trasforma in una sorta di magia perché non si accontenta di produrre, ma lo vuole fare con tutti i crismi del caso. Per cui inizia a leggere, informarsi perché nella testa ha un solo mantra “Il vino si fa solo con l’uva”, senza aggiunte chimiche o interventi che nulla hanno a che fare con ciò che la natura ci offre. Sperimenta, studia, improvvisa e nel 1990 rovina centoquaranta quintali di Sassaia che decide di cedere ad un acetifico a prezzo irrisorio. Assaggia, cerca di capire quale nettare rosso o bianco vuole produrre finché un giorno assaggia un vino di Josko Gravner. Ed è così che resta folgorato sulla via goriziana, parla con il produttore friulano e resta affascinato a tal punto che trova in lui un maestro. Il resto è fatto di fantasia, progetti imprenditoriali che trovano efficacia fino alla fondazione del “Gruppo ViniVeri” e poi con le esposizioni a Villa Favorita sulla sommità di un poggio a Monticello di Fara dove apre le porte a vini non convenzionali, nati da uve coltivate in modo biologico, biodinamico, naturale, uso limitato della chimica in cantina. Parola d’ordine: no pesticidi.
Corre l’anno 2000 e s’inizia a parlare di terroir, in sostanza la riscoperta delle caratteristiche dei suoli e la valorizzazione dei vitigni autoctoni. Ma Maule non è ancora convinto e nel 2006 fonda “VinNatur” dove accetta solo vignaioli con i suoi principi. Intanto guarda ai giovani, al terreno, al lavoro in vigna, alle potature, poi alla fermentazione, ai travasi e con “La Biancara” nel 2018 festeggia i trent’anni di attività o meglio di scoperte, attenzioni che coinvolgono lui la sua famiglia, il suo modo di vivere.
Da tutto questo non poteva che nascere un libro colto, raffinato, che non lascia nulla al caso: dalla teoria alla pratica. Capitoli riguardano i terreni, le malattie della vite, la gestione del verde, la maturazione, la vendemmia, la cantina, la degustazione. Con lui a scrivere esperti del settore e non solo. Un vademecum? Troppo semplice come parola per definire il lavoro di Maule. Possiamo dire che si è messo in ascolto. «Puntiamo i riflettori nel bicchiere - scrive - quando un approccio più semplice risulterebbe più utile e ci porterebbe a comprendere di più la materia che abbiamo di fronte. Nulla ci arriva per caso, è frutto di un lavoro precedente o di dinamiche sconosciute della scienza. Chi beve non è tenuto a sapere che cosa si cela dietro ad una certa espressività, ma sarebbe bene che il degustatore, quello più esigente, avesse qualche informazione per sbrogliare la matassa. Cerchiamo la perfezione, dimenticando l’armonia che il vino ci restituisce». Alla fine non ci poteva che essere un glossario con le regole da seguire. E ancora testi scientifici analizzati e non solo. «Perché il vino si fa con l’uva… Non dimentichiamolo mai».

Chiara Roverotto