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L'intervista

La ristorazione dopo il Covid. «Settore in crisi anche prima»

Non si piange addosso, non difende la categoria a tutti i costi e considera la pandemia, che ha stravolto il mondo della ristorazione, anche una sorta di nuova opportunità da cogliere, pur nella sofferenza di realtà che, forse, a riaprire non ce la faranno più. Filippo Saporito, presidente nazionale della delegazione italiana dei Jre (Jeunes Restaurateurs d'Europe), chef stellato de La Leggenda dei Frati a Villa Bardini a Firenze, ha tenuto  a Vicenza, all'Università del Gusto di Creazzo dell'Esac Confcommercio, un seminario dedicato a professionisti del settore. Evocativo il titolo: "Un menu contemporaneo tra tradizione e innovazione", perché «si deve sempre guardare avanti - ha spiegato - ma sempre con la memoria salda alle tradizioni». Due sono gli chef vicentini membri effettivi dei Giovani Ristoratori, Federico Pettenuzzo, la Favellina di Malo; e Alberto Basso, TreQuarti di Val Liona. Altri due i membri onorari, Renato Rizzardi, Locanda di Piero a Montecchio Precalcino, e Nicola Portinari, La Peca di Lonigo.

 

Che anno è stato il 2020?
Il 2019, pre covid, è stato l'anno con il maggior numero di pasti consumati fuori casa e il maggior numero di locali che hanno chiuso, dato Fipe. Qualcosa insomma non andava già prima e qualcuno avrebbe chiuso ugualmente.

Insomma è sbagliato lamentarsi?
Ci sono stati modi di protestare che non ho condiviso. Mi sta bene pretendere i ristori o le agevolazioni, non mi sta bene invece protestare per le riaperture premature, quando muoiono centinaia di persone ogni giorno, non sono d'accordo.

Il mondo della ristorazione cambierà?
Ci sarà una profonda pulizia nel settore e chi riuscirà a resistere avrà un futuro migliore, manca poco, credo che con l'estate si possa tornare alla normalità e la gente ha voglia di tornare a socializzare, il settore riprenderà con forza.

Cosa non andava già prima?
Tantissimi hanno pensato che la ristorazione fosse una panacea e imprenditori e cuochi si sono buttati senza sapere cosa volesse dire aprire un ristorante. Aprire un ristorante non è uno scherzo, ci vuole professionalità, qualità e grande spirito di sacrificio.

C'è una ricetta per la ripresa?
Quando le restrizioni termineranno, chi non è rimasto con le mani in mano sarà avvantaggiato, chi ha sfruttato questo anno per crescere, studiare, aggiornarsi, riprenderà alla grande. Io ad esempio tra le soluzioni che ho adottato ci sarà quella di aprire sette su sette, per recuperare in parte, i giorni persi.

Cosa ci ha insegnato questa pandemia?
Il rapporto con i social, che sono utili e le strade alternative come il delivery e la vendita di prodotti - panettoni, salse, sughi e altro ancora - quando si tornerà alla normalità quello sarà un segmento con ottimi margini di guadagno. In altri Paesi era già stata aperta questa strada.

Ai corsisti che consiglio ha dato?
Che non è importante una ricetta, ma perché si cucina un piatto, cosa si vuole raccontare. Bisogna guardarsi intorno e capire il territorio, le nicchie di eccellenza e la nostra storia. E alla fine i food cost di un piatto, perché se non produce guadagno è inutile farlo, prima o poi si chiude.

Alberto Tonello