<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
I BIGOLI CO’ L’ARNA

Il piatto tradizionale
nato per ricordare
la vittoria di Lepanto

Un piatti di bìgoli co’ l’arna
Un piatti di bìgoli co’ l’arna
Un piatti di bìgoli co’ l’arna
Un piatti di bìgoli co’ l’arna

La data canonica, cioè la prima domenica di ottobre, è già passata, però un bel piatto di bìgoli co’ l’arna si può gustare con soddisfazione tutto l’anno. La portata compare nel menu di molte sagre, anche in primavera e d’estate; senza contare le trattorie e gli agriturismi che, almeno fino a qualche tempo fa (ora la tendenza pare in calo), proponevano immancabili, abbondanti porzioni di bìgoli, con il ragù d’anitra quale condimento largamente preferito agli altri. Perché l’associazione con la prima domenica di ottobre? La spiegazione sta nel proverbio arna lessa e bigolo tondo, a Rosario contenta el mondo, che si rifà a un avvenimento di cinque secoli fa: la battaglia di Lepanto. Il 7 ottobre 1571 al largo del golfo di Corinto si affrontarono le flotte della Lega Santa e dell’Impero ottomano. La sconfitta di quest’ultimo impedì alle forze musulmane di conquistare una supremazia sul Mediterraneo occidentale, ed è ritenuta una vittoria della cristianità. In onore della Vergine, alla cui protezione venne attribuito il successo, papa Pio V istituì la festa della Madonna della Vittoria, il 7 ottobre, che papa Gregorio XIII trasformò nella Madonna del Rosario, perché i marinai cristiani avevano appunto pregato con il Rosario prima della battaglia. In Veneto la ricorrenza venne sempre stata tenuta nella massima considerazione, e visto che ai primi di novembre era pronta l’anatra novella, diventò facile creare l’abbinamento tra la festa e l’arna, e quindi con i bìgoli. Quest’ultimi sono la pasta veneta quasi per antonomasia: si narra che furono inventati nel Seicento da un corpulento pastaio padovano, soprannominato Abbondanza. Aveva inventato un macchinario che comprimeva la pasta, grazie a uno stantuffo, e la faceva passare attraverso un filtro con i buchi. Ne uscivano degli spaghetti molto spessi e dalla superficie ruvida, così simili ai bigati, cioè ai vermi (ma erano chiamati così anche i bruchi e i bachi da seta), che presero il nome di bìgoli. E il macchinario del pastaio Abbondanza, che ottenne il brevetto dal Comune, fu il torcio bigolaro. La tradizione, ricorda il sito dedicato ai Comuni De.co. vicentini, vuole che il condimento dei bìgoli co’ l’arna sia fatto di «burro fuso e salvia, nel quale rosolare il trito del fegatino e del ventriglio», vale a dire una versione particolare del consiéro, il condimento tipico della pastasciutta nel Vicentino. «Come tocco distintivo, nella cucina nobile, la cannella, caratteristica di tanti intingoli veneti». I bìgoli venivano cotti non nell’acqua, ma nel brodo di cottura dell’anitra, la cui carne lessata veniva servita dopo la pasta, naturalmente con il cren, «una salsa piccante ottenuta dalla radice di rafano grattugiata e amalgamata nell’aceto». In seguito venne introdotto il ragù fatto con la carne di anatra macinata, ma in bianco, senza pomodoro. Perché se ne parla tra i Comuni De.co.? Perché i “Bigoli co’ l’arna di Zanè” hanno ottenuto il riconoscimento di piatto tipico, con tanto di sagra, che però quest’anno è saltata, per problemi organizzativi in seno alla Pro loco. Sarebbe un peccato se si perdesse la consuetudine. • © RIPRODUZIONE RISERVATA