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IL RANPUSSOLO

Altro che Disney
La vera magia
si ritrova nel piatto

Un mazzo di raperonzoli
Un mazzo di raperonzoli
Un mazzo di raperonzoli
Un mazzo di raperonzoli

In Italia, e nel Veneto in particolare, era conosciuto ben prima di “Barbie Raperonzolo” (2002) e di “Rapunzel” (2010) della Disney. I due film, come molti altri adattamenti cinematografici della fiaba, hanno avuto forse il merito di diffondere il nome italiano del raperonzolo. Ma hanno completamente perso il legame con la pianta, Campanula rapunculus, che invece c’era – per quanto solo come pretesto – nella favola originaria dei fratelli Grimm. È il desiderio fortissimo di raperonzoli da parte di una donna incinta a dare il via alla storia; in altre versioni della stessa fiaba, che è una sorta di archetipo (la fanciulla rinchiusa nella torre e il principe che la salva) si parla di prezzemolo. Non è chiaro se sia il raperonzolo, magari in versione magica, il responsabile della crescita eccezionale dei capelli della protagonista, che le consentiranno di fuggire dalla torre-prigione. Forse le foglie basali, allungate, hanno dato in passato l’idea di una chioma lunga: la “voglia” di raperonzoli della donna incinta avrebbe trasmesso alla figlia la caratteristica dei lunghi capelli. Il nome raperonzolo deriva dal latino rapunculus, piccola rapa, (ranpussolo in dialetto vicentino) per via dell’uso culinario che si è sempre fatto delle radici, bianche e carnose, raccolte verso la fine dell’inverno quando sono più grosse e succose. Ne vengono apprezzate la croccantezza e il sapore che ricorda la nocciola. Crescono nei terreni calcarei della collina o della montagna, non oltre i mille metri di altitudine; prediligono i pendii esposti a mezzogiorno, specie ai margini dei vigneti e dei sentieri. Antonio Di Lorenzo, in “I doni della natura nel piatto” (Terra Ferma), ricorda che «il segreto è cercarli laddove il terreno è duro e il ranpussolo non riesce a scavarlo: in questo modo trattiene nella radice i sapori». In realtà sono commestibili anche le gemme basali delle foglie, crude in insalata, e i fiori. Presente in varie zone d’Europa, in Italia conta un centinaio di specie. Nel Vicentino è conosciuto appunto come ranpussolo (o ranpunsolo, talvolta italianizzato in rampuzzolo), e ha a Villaga la sua terra d’elezione, tanto che il Comune ha adottato per il ranpussolo la denominazione comunale. Un microclima ideale rende i raperonzoli di Villaga particolarmente ricercati: non è facile trovarli, né prepararli, e questo ne giustifica il prezzo piuttosto alto; vengono anche coltivati in serra per consentire la preparazione di piatti raffinati nei ristoranti, come accade nel corso della rassegna “Ranpussolo e dintorni”, che sta proseguendo in questi giorni, organizzata dal Comune e dai Ristoratori Confcommercio. Sei locali propongono menu tematici in altrettante serate, in più si possono trovare piatti a base di ranpussolo anche negli altri giorni e in altri ristoranti. Gli chef si sbizzarriscono nel trovare abbinamenti con la radice del raperonzolo, per quanto gli estimatori testimonino che, per esaltarne davvero il gusto, basti - per così dire - mangiarlo insieme a una fetta di salame fresco cotto alla brace, dopo averli conditi con lardo e aceto. • © RIPRODUZIONE RISERVATA