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Lo “champagnetto” dei Castelli seduce per elegante freschezza

Nessuno poteva immaginare che nel vicentino, sul colle dei Castelli di Montecchio Maggiore, già nel 1920 si facesse lo “champagnetto dei castelli”, e l’uso del diminutivo vuole essere semmai un vezzeggiativo, non certo diminutivo. Nel contesto territoriale della Lessinia, dove le colline giacciono su precedenti fondali marini e il clima definisce il paradigma stilistico del vino del futuro, il metodo classico Bellaguardia 1920 dell’azienda agricola Bellaguardia, sfugge ai luoghi comuni, tratteggiando un calice di Pinot Bianco in purezza che la letteratura moderna definirebbe “sartoriale”. Fu la lungimirante ispirazione del fondatore, Mario Caltran, che intuì l’attitudine della zona per la viticoltura, in particolare la spumantistica, a dare vita a una produzione di metodo classico che scelse la tipicità dell’autoctono Durella e l’inquietudine dell’internazionale Pinot Bianco.
Il lavoro di Bellaguardia, che ha messo radici su concetti come tempo di affinamento e finezza della beva, è oggi nelle mani di Marco Caltran e Isodoro Maccagnan. Un percorso di cento lunghi anni che porta in dote la cultura dell’attesa, il valore della sperimentazione, l’attenzione all’identità, la stessa che ha scelto la profondità di vini non dosati. Bellaguardia 1920 rappresenta appieno la tipologia, un Pas Dosè da uve Pinot Bianco, vendemmia 2016, provenienti dal vigneto “Belvedere”.
Alla degustazione è vibrante e di una eleganza che seduce. Il naso afferma la delicatezza tutta femminile del Pinot Bianco, gessoso e impalpabile si concentra sui profumi di agrumi, nocciola e fiori bianchi. Il sorso, teso e di spessore, alterna la freschezza tipica dei suoli collinari, lungamente trainato da una spiccata nota sapido salmastra. Affina al buio, in condizioni climatiche uniche, icona di stile e personalità. Costo in enoteca 30-38 euro