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Strage del Mottarone, Tadini: «Messo forchettone anche altre volte». «Non ne sapevo nulla, scelta scellerata»

Aggiornamento ore 15  «Non sapevo dell’uso dei forchettoni, non ne ero consapevole»: lo ha detto al gip del tribunale di Verbania il direttore di esercizio della funivia del Mottarone, Enrico Perocchi, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato. L’uomo ha dunque negato quanto sostenuto da Gabriele Tadini, interrogato in precedenza, e cioè che fosse al corrente dell’uso dei forchettoni per bloccare il freno di emergenza che entrava in funzione a causa delle anomalie dell’impianto.  «Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini». 

Ore 13  Ha ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte, Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, interrogato questa mattina nel carcere di Verbania dal gip Donatella Banci Buonamici. Difeso dall’avvocato Marcello Perillo, l’uomo ha spiegato che le anomalie manifestate dall’impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. 

«Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse» ha detto. 

La difesa di Gabriele Tadini ha chiesto al gip, al termine dell’interrogatorio, la misura degli arresti domiciliari, non la libertà. Il suo legale ha chiarito di non aver chiesto al giudice che non venga applicata una misura cautelare. 

Ore 10 Sono iniziati questa mattina nel carcere di Verbania gli interrogatori dei tre fermati mercoledì scorso per l’incidente della funivia del Mottarone che ha causato domenica scorsa 14 morti, tra cui due bimbi, e un ferito grave, il piccolo Eitan di 5 anni ancora ricoverato.
Il primo ad essere ascoltato è il caposervizio dell’impianto Gabriele Tadini, difeso dal legale Marcello Perillo, che già martedì sera ha reso le prime ammissioni spiegando di aver deciso lui di piazzare e mantenere i forchettoni sulle ganasce che hanno disattivato il sistema frenante d’emergenza, che non è scattato quando il cavo traente si è spezzato. E lo ha fatto, come quasi «abitualmente» nell’ultimo mese, per evitare blocchi della cabinovia dovuti alle anomalie dei freni. Così però quando la fune si è spezzata la cabina numero 3 non è rimasta agganciata al cavo portante ed è volata via. Tadini dovrebbe confermare questa versione e la difesa chiederà che venga messo almeno ai domiciliari.
Per il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrara (presenti agli interrogatori), che hanno chiesto per tutti la convalida del fermo e di custodia in carcere, la scelta di Tadini, come da lui stesso chiarito, sarebbe stata avallata per motivi economici dal gestore Luigi Nerini (avvocato Pasquale Pantano) e dal direttore di esercizio Enrico Perocchi (legale Andrea Da Prato), che saranno interrogati subito dopo. I due potrebbero negare di aver saputo dell’uso dei forchettoni.
Poi, sarà il gip Donatella Banci Buonamici a dover decidere sulla convalida e sull’eventuale misura cautelare. Per la Procura ci sono tutte le esigenze cautelari: pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. Fuori dal carcere, intanto, una persona manifesta con un cartello con su scritto «se colpevoli, ergastolo».

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