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Giovani all'estero

Il ministro Urso: «Via al piano del governo pro-talenti»

di Francesca Lorandi
Dopo la presentazione del rapporto Nord Est e l’intervento del presidente Zaia. Ieri il ministro: ecco cosa faremo per difendere il Made in Italy
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso

Tenerseli stretti, offrendo loro di più. Dimostrando che anche l’Italia può essere attrattiva, al pari e più di altri Paesi Europei che oggi calamitano talenti dalle nostre provincie. Con la conseguenza che quei «cervelli» che qui si sono formati, sui quali famiglie e pubblica amministrazione hanno investito, fuggono lasciando nel Paese un buco che, nel giro di pochi anni, significherà meno crescita, meno competitività, meno Pil. E, non da ultimo, meno figli.

«Bisogna sviluppare una politica del lavoro che valorizzi chi può fare di più», spiega a L’Arena il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso.

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I numeri della fuga

Sono 40mila i laureati veneti che se ne sono andati negli ultimi dieci anni, secondo le stime di Fondazione Nord Est che nei giorni scorsi, nella sede di Confindustria Verona, ha snocciolato i dati del rapporto 2022. Al centro, proprio quei giovani che, ha detto il direttore scientifico della Fondazione Luca Paolazzi, «l’Italia maltratta». Ma il domani non è già segnato: dipende da quello che facciamo oggi. E per evitare di trovarsi nel pieno dell’emergenza, ci si sta muovendo a tutti i livelli.

A partire da quello regionale, con il governatore Luca Zaia che proprio a Fondazione Nord Est ha commissionato una ricerca qualitativa su questo fenomeno. Perché «se porto un paziente in sala operatoria, lo opero con una radiografia in mano. Non posso farlo a caso», ha detto in una intervista a L’Arena.

Le strade da percorrere possono essere diverse, a patto di arrivare a un obiettivo unico: riacciuffare quei giovani ed evitare che altri fuggano. Di più: fare in modo che la loro competenza, la loro professionalità, vengano spese qui, nel loro Paese.

 

Il dossier e riforme

«L’emigrazione dei migliori è il problema dell’Italia anche perché depaupera il sistema Paese e le eccellenze del Made in Italy», sottolinea il ministro Urso. «Al ministero abbiamo attivato un gruppo di lavoro che in contatto con Confindustria e istituti di ricerca e università sta elaborando un dossier sui fabbisogni di competenze del sistema industriale anche in riferimento alla duplice transizione green e digitale e in generale allo sviluppo del Paese».

Lo scopo della cabina di regia è duplice, come spiega Urso: «Mettere in relazione il sistema formativo con le professioni che davvero servono, anche attraverso le riforme che saranno individuate, sia per sviluppare una politica del lavoro che valorizzi chi può fare di più, anche attraverso le modalità contrattuali e appositi sgravi fiscali. Il cambio di denominazione del ministero da Sviluppo Economico a Imprese e Made in Italy evidenzia questa mission».

 

I talenti persi a Verona

Sostenere il tessuto imprenditoriale alla disperata ricerca di profili da inserire, e che sembrano introvabili. E sostenerne il futuro, tenendosi stretti quei talenti che garantiranno la crescita del Paese. Sono tanti quelli in fuga anche dalla nostra provincia, che non è stata risparmiata dal fenomeno: a Verona gli iscritti all’Aire erano 30.796 nel 2013, sono saliti a 45.183 nel 2019 e hanno registrato una impennata nel post Covid.

Nel 2022 il registro ne ha segnalati infatti 9.179 in più, nel 2023 – dato dei giorni scorsi – ulteriori 3.360, per un totale di 57.722 iscritti. Un incremento del 6,2% in un anno e del 27,8% rispetto al 2019, percentuale che colloca la provincia al dodicesimo posto in Italia.

 

Quantità e qualità

Bastano i numeri? Non a Zaia: «Il ragazzo che se ne va da Verona per fare il gelataio in Inghilterra e quello che emigra per fare il cardiochirurgo in Germania sono due casi tipici che, oggi, vengono valutati allo stesso modo. Abbiamo quindi deciso di realizzare uno studio qualitativo per capire chi sono coloro che vanno all'estero, che titolo di studio hanno, se trovano un'occupazione compatibile con il loro percorso di studio, quanto guadagnano».

Facendo in modo, come vorrebbe anche il Ministero, che quello che vanno a cercare all’estero lo possano trovare anche qua. Qua dove le imprese, a gennaio secondo il bollettino periodico di Unioncamere e Anpal, dichiaravano di aver difficoltà a reperire il 49,7 % degli oltre 50mila profili ricercati.

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