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L'intervista a Zaia

«Le ferite del Covid: amici morti e le offese. I bimbi sono la cura»

Presidente Zaia, sono passati due anni. Nel pomeriggio di quel 21 febbraio 2020 la telefonata che cambiò la vita a lei e a tutti noi: il Coronavirus era arrivato in Veneto, all’ospedale di Schiavonia. Scattò il piano sanitario con la riunione d’urgenza a Padova di tutti i dg. Durò fino a tarda sera. Lì la decisione di istituire la zona rossa a Vo’ Euganeo. Qualche ora dopo, poco prima della mezzanotte, il primo decesso italiano per il virus.
Era l’inizio di un evento tragico senza precedenti. In futuro, gli storici non potranno non raccontare del Covid-19 e del lockdown perché ha coinvolto tutti i contesti: sociale, economico, sanitario. Tornando a noi, la pandemia ha avuto tempi di elaborazione personali. Forse perché io ho avuto la responsabilità di decidere, ho dovuto farlo velocemente. Magari, se fossi stato un libero cittadino, pure io due anni fa avrei criticato questo governatore che, così, d’improvviso, chiude tutto, persino il Carnevale di Venezia.

La zona rossa a Vo’ e la cancellazione di tutti gli eventi si sono rivelate utili. 
Sì. Sono state decisioni difficili. Avevo forte il senso di responsabilità di proteggere i veneti. C’è chi dice che gli amministratori pensano solo alle elezioni? Beh, assicuro: non è così. A onor del vero ci sono stati colleghi che hanno preferito mettersi da parte o hanno delegato. Io mi ci sono buttato: ho istituito le dirette quotidiane. Ho affrontato giorni semplici e giorni in cui c’erano 200 morti in 24 ore. Questo virus sconosciuto è lo stesso che nei primissimi giorni è entrato a Venezia, ma non ha fatto le stragi che ha fatto a Treviso o a Verona. Però in quel momento pesavamo che la città lagunare potesse diventare una lazzaretto. Ero preoccupatissimo. Ho avuto paura. A me questo virus ha cambiato la vita.

In che modo?
Non sono più quello di prima. Dal punto di vista personale ho sentito da vicino la tragedia della morte. Tante persone che conoscevo sono rimaste uccise dal virus. Ho visto il dolore. Poi, non voglio fare la vittima o il martire perché le ferite ci sono state per tutti, ma un’esperienza così non la auguro a nessuno, vissuta dalla mia posizione intendo. Poi, mi ha segnato vedere le nostre donne e uomini della sanità affrontare questo incubo. A loro il mio grazie infinito. Dirò di più. Noi abbiamo una sanità eccezionale ma questo Paese deve fare delle scelte importanti: vanno pagati di più (insieme agli insegnanti) e vanno anche formati più i medici. Mi addolora, e ne sento tutti i giorni dai dg, di come vengano aggrediti. E poi sentire queste voci fuori dal coro...

Intende i No vax?
Sì, davanti ad un evento planetario, c’è chi vuole dimostrare ad ogni costo la causa-effetto per incapacità. La realtà è che il virus è una roulette russa: oggi ce l’hai tu e domani il tuo vicino di casa. Noi ci siamo salvati, ad altre regioni è andata peggio. L’Emilia ha dovuto far ospitare pazienti fuori regione. Noi mai. E lascio perdere, poi, la polemica vergognosa fatta sui numeri delle terapie intensive che non colpisce me, ma chi fa programmazione o ci lavora. È stato doloroso vedere una certa politica fare polemica sui morti. Ho visto poi l’infamia, la diffamazione, il prurito di chi sperava che le cose andassero male, quando andavano bene. E quando andavano male, facevano lezione e attaccavano. Ma ho anche visto il volontariato, la generosità dei veneti: quanto hanno donato e partecipato. 

Lei è stato molto criticato per la chiusura delle scuole all’inizio dello scorso anno, per l’ipotesi di andare a comprare i vaccini dai broker, per i test fai-da-te...
In questi due anni ci sono state situazioni che mi hanno fatto male su più fronti. Quando, altro esempio recente, ho chiesto di modificare le regole per la definizione del rischio delle Regioni. C’è stato chi ha accusato: Zaia lo fa per restare giallo. Poi l’hanno chiesto altri presidenti e alla fine, avevo ragione, i parametri sono stati cambiati. Anche allora c’è stata parte della politica e delle istituzioni che ha dimostrato senso di collaborazione pari a zero. Invece serve un patto sociale. Eppoi, scandaloso: gli attacchi per le mascherine che non c’erano. Chi poteva prevedere un magazzino per una tragedia del genere? L’azienda ospedale di Padova prima del Covid usava 950 camici al mese, con il Covid 4500 al giorno. Sono sempre stato convinto che onestà e rispetto delle persone debbano essere alla base del lavoro di tutti noi. Ma vedere gente che senza la minima vergogna, solo per far politica, è riuscita a dire cose indicibili, è doloroso. Davanti, poi, a così tanti morti è doveroso che la magistratura faccia chiarezza. Per quanto ci riguarda abbiamo sempre segnalato tutto alla Procura, allegando non poca documentazione. Spero che questo Paese non si sia omologato alle diffamazioni e alle calunnie e che non finisca tutto in silenzio. 

Zaia, lei ha subito minacce personali. Hanno protestato anche davanti a casa sua.
Ho avuto paura delle curve pandemiche che non scendevano, e non ci dormivo la notte, non di queste cose. E poi c’è stato chi, magari anche addetto ai lavori, ha banalizzato il virus o ha fatto passare l’idea che sia solo un marchingegno e che siamo al soldo di una dittatura. Purtroppo, poi, ci sono persone che credono e arrivano in ospedale quando è tardi o rifiutano le cure. E aggrediscono anche i sanitari. Da questo Covid è venuto fuori il meglio e anche il peggio.

Ma il meglio dove sta?
In tanti gesti di generosità, nel volontariato che è stato grandioso, e, soprattutto, nei tantissimi veneti che hanno vinto la naturale paura e si sono vaccinati. E se siamo prossimi al bianco, lo dobbiamo a loro. Eppoi ci sono i bambini che mi hanno ripagato di tutte le ferite e le sofferenze. Li ho coinvolti alle conferenze stampa e loro hanno risposto inondandomi di disegni. Poi ci sono state le uova, i pulcini. Loro sono bravi, rispettosi delle regole: hanno capito che bisogna far squadra.

Lei si è fatto fare anche una iniezione per convincere un undicenne a vincere la paura del vaccino.
Sì, ero in un centro vaccinale. La mamma di questo bimbo mi ha avvicinato chiedendomi un aiuto perché è un mio fan, mentre la sorellina, appena vaccinata, cercava di calmarlo. Aveva solo paura dell’ago. Così, mi sono fatto fare una puntura, senza vaccino, per fargli capire che non era niente. Poi, mi hanno offeso e accusato di essere un orco che plagia i bambini. Mi è dispiaciuto molto. In realtà, non è andata così. 

Dopo due anni di pandemia, come ne esce la sanità del Veneto?
Cambiata. Sempre più digitale e tecnologica. Ma anche territoriale. Il Covid, poi, ha accelerato tanti aspetti come lo smart working, ne parlo nel mio libro.

“Ragioniamoci sopra”, s’intitola così. Come dice sempre Crozza quando la imita nel suo programma. Lei lo segue?
Non guardo la tv, mi inviano sul cellulare gli spezzoni. Il libro non è il diario del Covid, è stato un modo per sdrammatizzare e capire come ci ha cambiato il Covid

E cosa vede dopo il Covid-19?
Vedo una società che dovrà sanare una spaccatura nata in questa fase. Si litiga dentro le famiglie, tra amici con una aggressività ingiustificata. Spero in una rappacificazione. Ora dobbiamo solo guardare avanti e farlo in modo solare. Il virus ci sarà, anche il prossimo autunno, ma sempre più attenuato. E i farmaci controlleranno sempre più la malattia. 

Cristina Giacomuzzo

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