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Veneto

Travolse e uccise il giovane Chris a Negrar: evade dai domiciliari per comprarsi la droga

Il 40enne si trovava ai domiciliari ma ha infranto le prescrizioni: da 20 giorni è in carcere. Il Pm chiede 5 anni di reclusione: la sentenza attesa in maggio
Davide Begalli in trobunale mentre entra in udienza davanti al gip Maria Cecilia Vitolla e, a destra, Chris Obeng Abom
Davide Begalli in trobunale mentre entra in udienza davanti al gip Maria Cecilia Vitolla e, a destra, Chris Obeng Abom
Davide Begalli in trobunale mentre entra in udienza davanti al gip Maria Cecilia Vitolla e, a destra, Chris Obeng Abom
Davide Begalli in trobunale mentre entra in udienza davanti al gip Maria Cecilia Vitolla e, a destra, Chris Obeng Abom

È entrato in aula accompagnato dagli agenti della polizia penitenziaria Davide Begalli, il quarantenne di Negrar, arrestato lo scorso agosto con l'accusa di aver travolto e ucciso il tredicenne Chris Obeng Abom, lasciandolo agonizzante a terra e scappando via senza prestargli alcun soccorso.

L’uomo, che da allora si trovava ai domiciliari, da una ventina di giorni è infatti finito in carcere, in quanto sorpreso dai carabinieri a infrangere le prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria.

Ieri, davanti al giudice per l’udienza preliminare Maria Cecilia Vitolla, il pubblico ministero Elvira Vitulli ha chiesto per Begalli una condanna a 5 anni e 4 mesi di carcere con rito abbreviato: un rito alternativo che consente lo sconto di un terzo della pena.

La decisione del giudice è attesa a inizio maggio.

L’udienza preliminare

Davanti all’aula del gip Vitolla era presente anche il papà di Chris (che si è costituito parte civile assieme alla moglie e ai figli): ha scelto di partecipare all’udienza, di essere presente per guardare negli occhi l’uomo accusato di aver ucciso suo figlio.

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L'investimento lungo la provinciale

Erano le 21,30 del 31 luglio scorso: Chris rientrava a casa dopo essere stato al campetto da calcio, a giocare con amici. L’incidente è avvenuto in via San Vito, la strada provinciale 12, quella che da Negrar porta verso Verona.

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, Begalli stava viaggiando alla velocità di 60-65 chilometri orari: la strada era poco illuminata, lungo un centro abitato dove vige il limite dei 50.

Il quarantenne, difeso dall’avvocato Massimo Dal Ben, non si sarebbe accorto della presenza di Chris, che stava camminando a lato della strada, e lo avrebbe tamponato con violenza con la parte destra dell’auto, investendolo e sbalzandolo a terra. Poi se ne sarebbe andato.

Chris è stato trovato circa due ore dopo l’incidente, esanime, da alcuni passanti, che lo hanno visto nella scarpata sotto la strada e hanno chiamato i soccorsi.

Il ragazzino, che aveva riportato gravissimi traumi nello schianto, è stato quindi trasportato all’ospedale di Borgo Trento ed è morto il giorno successivo.

A rintracciare Begalli sono stati i carabinieri che, esaminati i filmati della zona, hanno individuato l’auto sospettata di essere quella del «pirata della strada» e sono quindi risaliti a lui.

A quel punto si sono presentati sul posto di lavoro del quarantenne: l’auto ancora sporca di sangue era posteggiata fuori dal cantiere edile, dove stava prestando servizio.

«Mi sono fermato, sono sceso dall’auto, ma essendo la strada molto buia, non ho visto nulla», aveva detto Begalli nei giorni successivi. «Pensavo di aver preso un cartello stradale. Non è vero che sono scappato a tutta velocità. Non so come sia potuto accadere».

Ma quelle parole non avevano placato la rabbia sia degli amici e dei familiari di Chris, sia dell’opinione pubblica, che si era scatenata sui social. Anche perché il giorno successivo all'incidente, gli stessi medici avevano chiarito che Chris «sicuramente si sarebbe potuto salvare» se fosse stato soccorso in tempo.

Begalli, accusato di omicidio stradale aggravato dalla fuga e omissione di soccorso, per mesi è rimasto ai domiciliari, con anche la possibilità di andare al lavoro: una ventina di giorni fa i carabinieri lo hanno sorpreso sotto casa, mentre incontrava alcune persone, pur non potendo. Inoltre, lo avrebbero pizzicato a uscire troppo presto da casa per recarsi in cantiere. Di qui la decisione di rinchiuderlo in carcere.

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Manuela Trevisani

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