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NUOVE VIE DEL BRAND Ingrosso: «No agli anglicismi, è fondamentale usare le parola giuste»

«La marca non sta più in negozio: va in società»

Gli eventi del Festival Città Impresa godranno della diffusione on line in diretta
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La marca si smarca dal brand e diventa narrazione per la società e non più semplice marchio dell’azienda. Una sfida lanciata da Andrea Ingrosso, professione copywriter e fondatore dell’agenzia Mamy di Vicenza. Si occupa soprattutto di narrazione, «non di storytelling» come tiene a precisare, ma anche di editing e di formazione, in particolare per le aziende che vogliono raccontare la loro storia e promuovere il loro lavoro. Di questo universo Ingrosso discuterà sabato al Festival con Federico Frasson, presidente dell’agenzia Fkdesign di Castelfranco Veneto e autore del libro “Smarcati. Viaggio ai confini della marca”. L’incontro (Chiostri di S. Corona, 11.30) li vedrà dialogare di “marca” e “brand”. Anche se Ingrosso preferisce il primo termine. «Preferisco non usare gli anglicismi. Oggi più che mai è importante usare le parole giuste, con la scrittura giusta, senza sporcarsi con i linguaggi del marketing: sono omologanti». Ecco quindi che per Ingrosso la marca assume un valore fondamentale: non più semplice etichetta di mercato ma vero e proprio collegamento tra l’azienda e le persone. «La marca non occupa più solo la mensola dello scaffale al supermercato. E neanche si limita a stare sul piano dell’espositore vicino alla cassa del negozio: sono luoghi di vendita, non del discorso. La marca fa soprattutto altro: non vita sedentaria come il prodotto che aspetta che qualcuno lo acquisti, ma vita itinerante negli spazi della società». La marca, insomma, si fa “teatro” del discorso, tanto che secondo Ingrosso deve entrare in diretta comunicazione con le persone. «Quella tra la marca e le persone è la storia di una convivenza. Una volta c’era il prodotto di marca, oggi c’è la marca delle persone. Quando una persona sceglie una marca, sceglie la propria posizione nella società. Quando un’azienda costruisce una marca, costruisce il suo posizionamento nel mercato in base a quello che osserva nella società». Per Ingrosso, quindi, la marca deve essere costruita per stare nella società prima che nel mercato. Questo perché oggi le forme di comunicazione sono cambiate. «Oggi per arrivare al mercato bisogna prima passare attraverso la società. La marca, insomma, si smarca. Lo fa non solo perché ci sono spazi offerti dai social media ma soprattutto perché la società, quella reale, ha smesso di stare a casa a guardare il carosello di spazi pubblicitari: ha iniziato a uscire nella realtà in cerca di aziende. Una volta realizzato l’incontro, l’azienda potrà portare i consumatori dalla società verso il proprio mercato, il luogo dell’acquisto». Questo comporta necessariamente un mutamento nel mestiere dei comunicatori. «Non sono d’accordo con il pensiero prevalente secondo cui tutti i comunicatori devono lavorare per mettere la marca dentro la testa delle persone, come se fossero dei neurochirurghi. La trovo un’operazione invasiva e poco rispettosa dell’essere umano, come se potessimo fare quello che vogliamo della testa delle persone». Da abile frequentatore della lingua, Ingrosso ha anche una definizione di queste strategie: neuromarketing. «Io non appartengo a quelli che entrano in questa “sala operatoria”. Mi smarco da quel mondo e vado a occupare altri spazi. Per me la marca non va inserita nella testa delle persone, il suo posto invece è tra la società, dove stanno le persone e il mercato, dove stanno le aziende. Una marca che funziona è quella che riesce a stendere il filo del discorso tra società e mercato».

Enrico Saretta