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UN MANAGER E IL SUO LIBRO Vignaga evidenzia l’intreccio che lega economia e letteratura

Imprese, la via futura nasce in un romanzo

Villa Morosini ad Altavilla: la sede di Cuoa business School è una delle location del Festival
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Villa Morosini ad Altavilla: la sede di Cuoa business School è una delle location del Festival

«Il romanzo lo sapeva già». Luca Vignaga, per 20 anni al lavoro come capo delle risorse umane, ora ceo di Marzotto Lab, al Festival Città Impresa si presenta sabato mattina (alle 10 a palazzo Chiericati) nelle sue vesti di scrittore e ancora più di infinito conoscitore di scrittori storici e contemporanei. È curioso come indichi che, ben prima di grandi analisti e delle tabelle dei dati, il romanzo avesse già indicato tutto: le caratteristiche della massificazione e della globalizzazione, il pericolo di una pandemia a cui nessuno credeva realmente, le possibilità che possono scaturire dal saper rimettere in discussione tutti i nostri modelli già costruiti guardando invece al “tutto insieme” e il “tutti insieme” che è la natura. Per questo il libro che ha scritto ha un titolo che indica un sentimento diverso, più che un concetto preciso: “L’impresa è un romanzo”. Perché a dispetto dell’enorme mole di dati e di analisi dei numeri che oggi caratterizzano il mondo delle imprese e delle attività commerciali, sottolinea Vignaga, un romanzo non ha la matematicità e l’insorabilità di un saggio ma, perfino se narra di una realtà che non esiste se non nella mente dell’autore, sa usare la scrittura per svelare la verità. Insegna l’arte del dubbio che è capace di dare fastidio al magaer che vede sempre tutto rosa. E con la tecnica del libro giallo aiuta ad allenarsi a scorgere quegli indizi di cui un capitando d’impresa va alla ricerca per capire davvero dove sta virando la nave del futuro. Insegna la velocità ma anche il grande valore del tempo che scorre e quindi del miscuglio con la lentezza che è l’unica strada per avanzare davvero: «A maggior ragione in un contesto dove l’economia ha le sue supply chain corte, la borsa è mossa dagli algoritmi, i consumatori non sono più affezionati alle marche, la velocità deve trovare una sua lentezza», sottolinea Vignaga. C’è un correre, e c’è un fermarsi per osservare e capire. E questo il romanzo lo insegna, anche agli uomini dell’economia, perché «l’uomo cambia ma con tempi più lunghi» di quanto si creda. E anche affrontare romanzi che brillano più per lo stile che per la trama, sferza Vignaga, aiuta la fantasia all’ennesima potenza: «Mai come in questo periodo storico immaginare scenari di business diversi, alternativi e controintuitivi può essere una via per molte realtà». E se il romanzo è un modo per “circoscrivere la vita e darle un senso”, è proprio del romanzo che c’è bisogno in azienda. Per poter dare una lettura della complessità che ci circonda ed essere capaci, con un po’ di “stregoneria” che troviamo sempre nella narrazione romanzesca, di passare dall’obiettivo di “gestire il probabile” a quello del “saper guidare il possibile” . E Vignaga arriva a citare Marchionne e Tolstoi: «La vera realtà è ciò che non è mai esistito, l’ideale è la sola cosa che conosciamo con esattezza. E solo l’ideale può guidarci come individui e come umanità, nella nostra esistenza». Perché è proprio questo, sottolinea Vignaga, che aiuta un manager a capire qual è la sua predisposizione. L’impresa, insomma, ha bisogno di diventare romanzo: di raccontarsi, perché questo l’aiuta a comprendersi, a crearsi una propria cultura aziendale e a dialogare in maniera fecnda con i dipendenti, i fornitori, gli stakeholders e il mercato. Anche perchè saper raccontare il futuro che si vuole costruire, in azienda e fuori, diventa un modo più semplice per saperlo realizzare davvero tutti insieme.

Piero Erle