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INTERVISTA IL PRESIDENTE DI FEDERMECCANICA E CUOA

Federico Visentin «Università, serve la ricerca che aiuta le medie imprese»

Federico Visentin presidente di Federmeccanica nazionale e Cuoa
Federico Visentin presidente di Federmeccanica nazionale e Cuoa
Federico Visentin presidente di Federmeccanica nazionale e Cuoa
Federico Visentin presidente di Federmeccanica nazionale e Cuoa

“Imprese e capitale umano”, è il tema di cui domani Federico Visentin, l’industriale vicentino presidente di Federmeccanica nazionale e di Mevis, discuterà col ministro della ricerca Maria Cristina Messa al Cuoa business school che lui stesso guida.

Arriva la ripresa ma nelle aziende non ci sono le risorse umane per poterla sfruttare?

È purtroppo la verità. Il tema è che non c’è solo un problema di carenza di tecnici, che le nostre aziende lamentano da anni. C’è una questione di competenze superiori di cui domani vogliamo discutere con il ministro Messa e i rettori delle università, ma c’è anche il problema di risorse umane in generale, per le aziende: rispetto alla crescita, a mancare di più è il personale generico.

Non ci sono persone, o ci sono ma non voglio venire al lavoro?

Sento raccontare di persone che se ne stanno a casa col reddito di cittadinanza, ma mi pare sia un fenomeno più presente in altre parti d’Italia che non da noi. Sono spariti anche gli extracomunitari.

Si torna a quello che si vedeva negli anni ’90, con gli imprenditori che segnalano l’esigenza di trovare forza lavoro “foresta”?

Non ci si ricorda che ci furono agenzie del lavoro che investivano nel costruire foresterie, pur di attrarre anche immigrazione di lavoratori dal sud o dall’estero. Per il momento non vedo questo, ma l’esigenza c’è. D’altra parte è vero che l’economia è ripartita, ma non tutti i settori: ce ne sono in difficoltà.

Quindi ci sarebbero altre vie?

Io dico che avrebbe senso un percorso di riconversione per persone che lavoravano in altri settori, ad esempio le confezioni, perché possano trovare occupazione del settore metalmeccanico. Sono queste le vere “politiche attive” del lavoro. Agenzie del lavoro ce ne sono: si può sviluppare un’efficienza in questi percorsi di riconversione e credo che il Governo dovrebbe aprire verso queste agenzie, ovviamente vegliando su eventuali abusi. Non si creano precari, si colma la distanza tra chi è in difficoltà nell’occupazione attuale e chi fa fatica a trovare la manodopera di cui ha bisogno. Lo Stato per esempio potrebbe mettere risorse a sostegno di percorsi di riqualificazione fatte dalle agenzie davvero mirati alle esigenze delle aziende. E il compenso andrebbe dato solo a riconversione davvero riuscita.

Come Federmeccanica avete lanciato i corsi DigitalMec, d’intesa coi sindacati, per le competenze digitali: auto-gestione?

Applichiamo il contratto nazionale firmato tra Federmeccanica e i sindacati. È un supporto soprattutto alle aziende meno strutturate e una formazione garantita a largo spettro per 1,8 milioni di dipendenti. Ci ha dato il patrocinio il Ministero della transizione digitale.

E invece al ministro Messa, domani, cosa volete chiedere?

È il vero obiettivo dell’incontro domani al Cuoa: le imprese hanno bisogno di capire cosa sarà, ma mentre le grandi aziende testimoniano di aver ottime risposte dalle Università in termini di ricerca e trasferimento tecnologico, c’è una massa di piccole e medie imprese senza questi legami.

Non sono sorti i Competence center proprio per questo?

Federmeccanica è molto coinvolta in questo Festival. Oltre a me, Alessandro Profumo (Leonardo) e Andrea Pontremoli (Dalara) domani mattina, nel pomeriggio il nostro vicepresidente Corrado La Forgia discuterà proprio di Competence center.

Cosa serve alle vostre imprese?

Il trasferimento tecnologico deve coinvolgere anche le piccole e medie imprese, anche tramite la catena di fornitura che fa capo alle grandi aziende. Certo, questo porta comunque anche a un tema di dimensione d’impresa. Va creata una cultura che porti imprenditori e manager a rendersi conto che servono alleanze, aggregazioni, acquisizioni che portino a margini tali da poter fare ricerca e innovazione nello sviluppare il business. Se no per crescere, che è un’esigenza essenziale, occorrerà troppo tempo. Università, e Cuoa, devono accompagnare le imprese a fare davvero questi percorsi.

Piero Erle