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Terza categoria

La "comfort zone" ha reso Bozzetto un vero numero uno

di Stefano Angonese
Elia Bozzetto, classe '95, in campo parla molto. FOTO ALBERTO ZONTA
Elia Bozzetto, classe '95, in campo parla molto. FOTO ALBERTO ZONTA
Elia Bozzetto, classe '95, in campo parla molto. FOTO ALBERTO ZONTA
Elia Bozzetto, classe '95, in campo parla molto. FOTO ALBERTO ZONTA

Un po' di pigrizia ha fatto la differenza. E così Elia Bozzetto, da sei stagioni portiere del Fellette (Terza, girone Bassano), ha scelto definitivamente di rimanere tra i pali. «Mi è sempre piaciuto questo ruolo - racconta il classe '95 in forza ai gialloblu -, ma all'inizio ho provato a giocare fuori. Crescendo, però, il campo si è allungato, servivano più fiato e più gamba; mentre l'allenamento dei miei amici che difendevano la porta era principalmente fatto di tiri e parate. E così eccomi qui». Una passione sbocciata ai tempi della scuola elementare in piena autonomia. «In famiglia non c'è particolare attrazione verso lo sport; sono tutti musicisti: papà è eclettico (sax, clarinetto, ukulele), mamma canta nel coro e suona la chitarra e pure fratello e sorelle (due) si dilettano con altri strumenti. Insomma, sono la pecora nera, ma ogni tanto provo ad unirmi alla "band" di casa. Tornando al calcio, ho iniziato dal S. Croce Bassano, a due passi da dove abito, compiendo lì tutto il percorso giovanile. Poi il passaggio al S. Lazzaro S. Croce. Avevano bisogno di un portiere e il mio attuale tecnico (Gianni Bordignon) mi contattò. Rimasi tre stagioni prima del trasferimento nel 2014 al Fellette, dove mi trovo veramente bene».UNDICI METRI. Che portiere è Elia Bozzetto? «In campo parlo molto, forse troppo (e sorride), mi faccio sentire con tutti i compagni, inclusi gli attaccanti; ritengo che la comunicazione sia parte integrante del mio ruolo». E con i rigori? «In totale finora ne avrò parati sette/otto. Quest'anno, in avvio, ce ne hanno fischiato contro quasi ad ogni partita e nella sfida con il Per S. Maria sono riuscito a respingerne uno». Ma in questa stagione gli undici metri li ha visti anche dall'altra parte, realizzando un gol (il primo in carriera) nel recupero prenatalizio con l'Alpes Cesio. «Arrivavamo da una settimana anomala, con qualche battibecco in gruppo. E così, quando l'arbitro ci ha assegnato il penalty, sul risultato di 0-0, l'allenatore mi ha chiesto se me la sentivo di calciarlo. Gli ho rivolto un cenno di assenso; mentre mi avvicinavo all'area avversaria pensavo "in allenamento li segno sempre, non sbaglierò mica stavolta?". Tutto bene fino a quando non ho incrociato lo sguardo di Bosko (Jurkovic), il nostro rigorista. Ho avvertito una "leggera" pressione addosso. Il pallone non stava fermo sul dischetto; poi, finalmente, prendo la rincorsa e lascio partire una ciabattata mezza centrale, fortunatamente il collega si era mosso in anticipo e l'ha solo toccata. Non ho neppure esultato tanto era stato brutto il tiro».