Dalla Serie A alla Terza categoria. Un viaggio fatto di rinunce, ma anche soddisfazioni. Conquiste, e passione. Con un denominatore comune: il calcio. È l'esperienza di vita di Mamadou Ndoye, centrocampista del New Team SS. Trinità, candidato al Pallone di Bronzo. «Sono nato nel 1983 e ho iniziato a giocare a calcio in Senegal - racconta il giocatore scledense - lì lo facevo come mestiere: ho avuto la fortuna di giocare in Serie A e B, principalmente con l'Asfa e il RS Yoff, e a un certo punto ho avuto anche l'opportunità di giocare con la Nazionale di Beach Soccer. In quel momento però io andavo ancora a scuola, ed era molto importante per me e i miei genitori. Mio padre ha deciso che prima veniva l'istruzione e così per un periodo ho fatto entrambe le cose». A un certo punto però il bivio si è presentato nuovamente e «ho deciso di abbandonare gli studi per giocare a calcio - ha continuato Mamadou Ndoye - purtroppo in Senegal non è facile farsi notare dalle squadre europee: tanti giovani che sono bravi, ma non hanno la fortuna di emergere».
I suoi idoli giovanili? «In particolare Amdy Faye - ha detto - forse in pochi lo conoscono, giocava nel Senegal nel Mondiale 2002. Oltre che come giocatore, l'ho sempre ammirato per il suo vivere in maniera semplice. Tra i miei calciatori preferiti poi ci sono Steven Gerrard e Franck Lampard».
A un certo punto della sua vita però per il giocatore senegalese è arrivato il momento di prendere armi e bagagli e partire alla volta dell'Italia: «Mio padre era già 30 anni che era qui, assieme a mia mamma. Io sono figlio unico - ha spiegato Ndoye - e stare distanti dalla famiglia per così tanto tempo non è stato facile. Così nel 2016 ho deciso di raggiungerli, nella speranza anche di trovare un bel lavoro. Sono venuto qui con mia moglie e oggi abbiamo una bimba di quasi tre anni».
Una scelta che ha stravolto la vita di Mamadou anche calcisticamente parlando: «Quando sono arrivato qui non avevo i documenti e quindi non potevo giocare - ha raccontato - mi sono allenato con l'Orsiana. Il calcio mi ha aiutato tanto ad integrarmi e soprattutto a imparare la lingua italiana. Ho ottenuto i permessi nel 2017 e, grazie a un amico, Sy Alioune, sono andato all'Alto Astico Cogollo e ho fatto una prova di una settimana. Volevano tesserarmi, ma in quello stesso periodo ho trovato lavoro e facevo i turni, quindi non mi era possibile allenarmi sempre. Loro erano una squadra forte e farsi spazio era difficile, quindi essendo anche distante e non avendo la possibilità di allenarmi con regolarità ho deciso di lasciare stare e quell'anno non ho giocato». Poi l'approdo in Terza categoria: «Nella passata stagione invece ho giocato con il Concordia, che ha accettato di farmi giocare nonostante i turni. Mentre quest'anno avevo deciso di smettere con il calcio, ma un amico mi ha convinto ad andare al New Team, dove mi trovo benissimo. C'è tanta gente simpatica». Stima e affetto ricambiati dalla società scledense che ha scelto Mamadou per l'iniziativa del GdV, il Pallone di Bronzo.«Mi fa molto piacere questa candidatura - ha commentato il giocatore - spesso si dice che gli italiani siano tutti razzisti, ma non è così. La società lo ha dimostrato candidandomi e tutti i miei compagni di squadra lo fanno a ogni allenamento. Anche se magari non vincerò il Pallone di Bronzo, per me questa è comunque una vittoria. Voglio ringraziare tutti, ma in particolare due persone: Mauro Grotto e Alberto Roscini, due compagni di reparto. A volte se gioco io non giocano loro e viceversa, ma tra di noi c'è un rapporto splendido».