<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Terza categoria

Il viaggio di Ndoye
Dalla A in Senegal
alla Terza categoria

di Anna Fabrello
.
Ndoye gioca come centrocampista nel New Team Ss. Trinità
Ndoye gioca come centrocampista nel New Team Ss. Trinità
Ndoye gioca come centrocampista nel New Team Ss. Trinità
Ndoye gioca come centrocampista nel New Team Ss. Trinità

Dalla Serie A alla Terza categoria. Un viaggio fatto di rinunce, ma anche soddisfazioni. Conquiste, e passione. Con un denominatore comune: il calcio. È l'esperienza di vita di Mamadou Ndoye, centrocampista del New Team SS. Trinità, candidato al Pallone di Bronzo. «Sono nato nel 1983 e ho iniziato a giocare a calcio in Senegal - racconta il giocatore scledense - lì lo facevo come mestiere: ho avuto la fortuna di giocare in Serie A e B, principalmente con l'Asfa e il RS Yoff, e a un certo punto ho avuto anche l'opportunità di giocare con la Nazionale di Beach Soccer. In quel momento però io andavo ancora a scuola, ed era molto importante per me e i miei genitori. Mio padre ha deciso che prima veniva l'istruzione e così per un periodo ho fatto entrambe le cose». A un certo punto però il bivio si è presentato nuovamente e «ho deciso di abbandonare gli studi per giocare a calcio - ha continuato Mamadou Ndoye - purtroppo in Senegal non è facile farsi notare dalle squadre europee: tanti giovani che sono bravi, ma non hanno la fortuna di emergere».

I suoi idoli giovanili?  «In particolare Amdy Faye - ha detto - forse in pochi lo conoscono, giocava nel Senegal nel Mondiale 2002. Oltre che come giocatore, l'ho sempre ammirato per il suo vivere in maniera semplice. Tra i miei calciatori preferiti poi ci sono Steven Gerrard e Franck Lampard».

A un certo punto della sua vita però per il giocatore senegalese è arrivato il momento di prendere armi e bagagli e partire alla volta dell'Italia: «Mio padre era già 30 anni che era qui, assieme a mia mamma. Io sono figlio unico - ha spiegato Ndoye - e stare distanti dalla famiglia per così tanto tempo non è stato facile. Così nel 2016 ho deciso di raggiungerli, nella speranza anche di trovare un bel lavoro. Sono venuto qui con mia moglie e oggi abbiamo una bimba di quasi tre anni».

Una scelta che ha stravolto la vita di Mamadou anche calcisticamente parlando: «Quando sono arrivato qui non avevo i documenti e quindi non potevo giocare - ha raccontato - mi sono allenato con l'Orsiana. Il calcio mi ha aiutato tanto ad integrarmi e soprattutto a imparare la lingua italiana. Ho ottenuto i permessi nel 2017 e, grazie a un amico, Sy Alioune, sono andato all'Alto Astico Cogollo e ho fatto una prova di una settimana. Volevano tesserarmi, ma in quello stesso periodo ho trovato lavoro e facevo i turni, quindi non mi era possibile allenarmi sempre. Loro erano una squadra forte e farsi spazio era difficile, quindi essendo anche distante e non avendo la possibilità di allenarmi con regolarità ho deciso di lasciare stare e quell'anno non ho giocato». Poi l'approdo in Terza categoria: «Nella passata stagione invece ho giocato con il Concordia, che ha accettato di farmi giocare nonostante i turni. Mentre quest'anno avevo deciso di smettere con il calcio, ma un amico mi ha convinto ad andare al New Team, dove mi trovo benissimo. C'è tanta gente simpatica». Stima e affetto ricambiati dalla società scledense che ha scelto Mamadou per l'iniziativa del GdV, il Pallone di Bronzo.«Mi fa molto piacere questa candidatura - ha commentato il giocatore - spesso si dice che gli italiani siano tutti razzisti, ma non è così. La società lo ha dimostrato candidandomi e tutti i miei compagni di squadra lo fanno a ogni allenamento. Anche se magari non vincerò il Pallone di Bronzo, per me questa è comunque una vittoria. Voglio ringraziare tutti, ma in particolare due persone: Mauro Grotto e Alberto Roscini, due compagni di reparto. A volte se gioco io non giocano loro e viceversa, ma tra di noi c'è un rapporto splendido».