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Pallone d'Oro

Rosina e quel treno
da prendere ancora:
«Ora sarei pronto»

di Chiara Ferrante
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Riccardo Rosina ai tempi della Spal giocava insieme a Lazzari
Riccardo Rosina ai tempi della Spal giocava insieme a Lazzari
Pallone d'Oro, Riccardo Rosina (FERRANTE)

«Non si è mai troppo vecchi per fissare un nuovo obiettivo o per sognare un nuovo sogno» (C. S. Lewis).

Vale anche per Riccardo Rosina, difensore dello Schio, classe '95, candidato al Pallone d'oro nell'iniziativa del Giornale di Vicenza. Oltre al premio conteso con i colleghi di serie D ed Eccellenza, il giallorosso ha un obiettivo comune e un sogno personale: vincere il campionato con la maglia che indossa oggi e in futuro tornare tra i professionisti. Il giocatore, infatti, ha vissuto la serie C vestendo al tempo i colori della Spal e dividendo campo e spogliatoio con Manuel Lazzari (ora alla Lazio). Ma l'occasione si è presentata troppo presto per lui. Per questo aspetta la sua rivincita.

 

Ma chi è Riccardo Rosina? Ventiquattrenne originario di Padova, comincia a giocare a calcio a 5 anni. «Ho sempre avuto la passione per questo sport - racconta -. I miei genitori sostengono che dall'età di 3 anni ho sempre avuto gli occhi sui palloni. Volevo giocare a calcio, qualcosa che mi piaceva tanto. Ogni volta che tornava a casa mio papà volevo giocare con lui in giardino e guardavamo le partite insieme. Il mio idolo era Del Piero. Fortunatamente, di fianco al mio condominio c'era un dirigente della squadra del mio paese che mi ha introdotto al Mestrino. Da qui ho iniziato a giocare».

Rimasto al Mestrino per tre anni, la carriera del terzino sinistro incontra i colori del Padova dove segue tutto il percorso del settore giovanile fino alla Primavera. «Dopo due anni alla Primavera del Padova, il mio passaggio alla prima squadra della Spal è avvenuto in una sera - continua -. Ero in piscina con un amico, mi è arrivata una chiamata dal procuratore dell'epoca che mi ha detto: "Ricky, ho trovato squadra. Stasera prepara la valigia, domani mattina ti porto a Ferrara". «Avevo 18 anni, senza patente: ero molto piccolo anche di testa. Di carattere sono semplice e introverso e mi esprimo poco. Mi sono trovato in un mondo nuovo, totalmente diverso, fuori casa. È stato difficile, anche un semplice lavarsi i vestiti ed ero in crisi. A Padova tornavo sempre a casa, andavo a scuola al mattino e andavo ad allenamento in treno. A Ferrara, invece, mi avevano dato l'appartamento. Svolgevo gli allenamenti da professionista e seguivo la squadra nelle trasferte. Bellissimo ma tutto un altro vivere». «Sicuramente, se adesso dovessi tornare, sarebbe un'altra cosa e sarei più pronto. Era il tempo sbagliato magari era troppo presto per me. Adesso so che me la sono giocata male. Mi dicevano che credevano in me e che avrei dovuto fare di più. Non ho mai giocato. Non sono riuscito a dare quello che si aspettavano, ma ero giovane e non ero maturo».

E così Rosina riparte dalla serie D con l'Este e arrivano poi Mestre e Treviso. «A Mestre mi sono svincolato a dicembre perché non mi trovavo molto bene. Sono rimasto a casa fermo un mese e mezzo senza squadra e poi il procuratore mi ha proposto il Treviso che, nell'anno della ripartenza, aveva messo insieme un gruppo di ragazzi svincolati per non far fallire la società. L'anno dopo abbiamo vinto la coppa in Promozione. Poi sono passato all'Arcella in Eccellenza».

E da questa stagione fa parte della rosa di mister Zenorini. «In estate il procuratore mi ha detto che lo Schio voleva conoscermi. All'inizio ero perplesso, avrei dovuto scendere di nuovo di categoria. Ma è una bella società e una piazza che vuol fare bene. Ho fatto così un incontro con l'allenatore e il ds Dalla Fina e ho subito accettato. Ho trovato persone stupende che mi hanno accolto e fatto sentire parte di loro. Tutti con l'obiettivo di fare un'annata importante».