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A Marola

Portiere salvato dall'avversario pronto a usare il defibrillatore. «Senza Pietro non sarei qui»

Il malore in campo di Luca Cracco e il soccorso durante la partita a Marola da parte dell’avversario che sapeva utilizzare il defibrillatore
A sinistra Luca Cracco racconta la sua esperienza insieme a Pietro Pizzeghello al Galà Morosini (Foto Toniolo)
A sinistra Luca Cracco racconta la sua esperienza insieme a Pietro Pizzeghello al Galà Morosini (Foto Toniolo)
A sinistra Luca Cracco racconta la sua esperienza insieme a Pietro Pizzeghello al Galà Morosini (Foto Toniolo)
A sinistra Luca Cracco racconta la sua esperienza insieme a Pietro Pizzeghello al Galà Morosini (Foto Toniolo)

«Gli angeli esistono». A dirlo è Luca Cracco, oggi membro dell’Associazione Morosini, assieme a Pietro Pizzeghello, il suo di angelo, che gli ha letteralmente salvato la vita.  «Racconto io, perché lui non ricorda nulla - ha esordito Pietro –. Era il 10 luglio, eravamo a Marola per una partita di un torneo serale. Ad un certo punto vedo il portiere avversario che inizia a sbracciarsi, il primo pensiero è stato “si stanno menando”, ero convinto che a qualcuno fosse scappata una parola di troppo». 

Una partita a calcio tra amici a Marola, che poteva trasformarsi in dramma

«Ho visto lui (Luca, ndr) a terra, aveva le convulsioni e mi sono avvicinato, c’erano già due o tre persone lì intorno - ha proseguito al Gran Galà della solidarietà del 16 aprile scorso -. I suoi compagni dicevano di chiamare il 118 e, come ci hanno insegnato al corso, allora ho indicato uno dietro alla rete e gli ho detto di fare la telefonata. Un altro ha chiesto di portare il defibrillatore, nel frattempo mi hanno passato al telefono il personale del 118 che ha chiesto cosa stesse succedendo. In quel momento lui si muoveva, i sanitari mi hanno detto di girarlo, mentre alcuni in campo sostenevano fosse meglio non farlo perché altrimenti si sarebbe soffocato». 

«Lì per lì mi pareva sensato, ma giustamente ho seguito i consigli di chi sa cosa fare in queste situazioni. Poi ho visto che non si muoveva più e a quel punto ho iniziato il massaggio cardiaco, nel frattempo è arrivato il defibrillatore. Un altro ragazzo mi ha dato il cambio e io l’ho acceso, collegato finché mi ha dato il segnale “Scossa consigliata”. Lì ho capito che effettivamente la situazione era grave, ci siamo allontanati tutti, come previsto dal protocollo ed è partita la scossa. Sono rimasto impressionato da quanto si è mosso, poi però, credo nell’arco di dieci secondi ha ricominciato a respirare. Dopo un po’ è arrivata l’ambulanza». 

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Lieto fine 

Una storia dal lieto fine e ora Luca e Pietro, che prima non si conoscevano, fanno parte delle rispettive vite: «A lui tocca», ha scherzato Luca. Una storia che racconta l’importanza dei corsi di primo soccorso: «Io sono sbandieratore a Montecchio e quando era da fare mi sono proposto per fare il corso - ha spiegato Pietro -. Fatalità avevo fatto il rinnovo due mesi prima». 

La testimonianza di Cracco e Pizzeghello dell'Associazione Morosini nelle scuole

Luca invece ha dato la sua “versione” di quella giornata: «Il mio ultimo ricordo è che spengo il computer e vado alla partita. Poi quello successivo è che mi sveglio in ospedale, otto giorni dopo, perché sono stato in coma. Ho chiesto dove mi trovavo e cosa fosse successo, se non fosse stato per Pietro non sarei qui. Per fortuna ha fatto tutto quello che c’era da fare e che gli hanno insegnato. Questo è il lampante esempio che i corsi servono, per salvare la vita. Fanno la differenza. La mia quotidianità non è cambiata, ma è cambiato il senso della vita. Purtroppo la percentuale di chi ha un arresto cardiaco e viene salvato è molto bassa. Da una parte mi sento miracolato, dall’altra cerco di darmi da fare: siamo entrati a far parte dell’Associazione Morosini e portiamo la nostra testimonianza in giro per le scuole, nella speranza che sensibilizzi all’importanza dei corsi e a farli con la giusta attenzione». 

Anna Fabrello

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