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LA PROTESTA

Scuola, ora 4 mila firme “bocciano” la riforma

I sindacati all'attacco: «Basta tagli, per cambiare servono risorse E nei meccanismi di carriera il merito non sostituisca l'anzianità»
Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini
Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini
Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini
Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini

Ventitré assemblee, quattromila firme. Sono i numeri della protesta vicentina contro la “Buona Scuola”, la proposta di riforma presentata dal governo Renzi per risollevare le sorti di un settore con troppi problemi, a cominciare da un precariato diventato cronico. Linee guida lette e approfondite in tutti gli istituti di città e provincia dove si sono tenute assemblee sindacali per gli insegnanti, con una raccolta di firme che verrà inviata al Ministero.
Risultato? Molti dubbi e poche certezze, come emerso ieri mattina al Montagna, in una conferenza stampa in cui Cgil, Cisl, Uil e Snals, alla vigilia della manifestazione del pubblico impiego di oggi, hanno spiegato quali sono i talloni d'Achille del documento, a cominciare dalla consultazione on-line che esclude la discussione nei collegi docenti «più qualificanti e costruttivi». Ma la critica riguarda soprattutto la fattibilità del progetto.
«BASTA TAGLI». «Per attuare una simile proposta servono investimenti e non tagli continui applicati attraverso le manovre di stabilità che rappresentano la continuazione delle politiche di rigore dei governi precedenti», hanno esordito Franco Pilla (Cgil), Tina Cupani (Cisl), Enrico Bianchi (Uil), Doriano Zordan (Snals), facendo notare che uno dei capisaldi della riforma è l'assunzione di tutti i precari inclusi nelle Gae, le graduatorie provinciali ad esaurimento. «Non è chiaro - dicono i sindacati - se questa massiccia operazione di immissione in ruolo sia una manovra imposta (si attende il pronunciamento della Corte Europea sull'obbligo di assumere dopo tre anni di lavoro), oppure una mossa politica dal momento che contempla la potenziale assunzione di 30 mila precari inclusi nella Gae che non hanno mai prestato servizio nella scuola pubblica, ma hanno mantenuto posizione e aggiornamento per effetto del servizio svolto nella paritaria». Dito puntato anche sui nuovi meccanismi di carriera dei docenti, «principale elemento di risparmio che aggiunto ai 630 milioni di euro prelevati dal fondo per le supplenze assicura la copertura finanziaria per la massiccia operazione di immissioni in ruolo» e sui dirigenti scolastici ai quali verrebbero attribuiti poteri decisionali in presenza però di un vuoto normativo in termini di valutazione degli stessi dirigenti. «Ci sono dirigenti autorevoli e di buon senso. Purtroppo ci sono anche quelli autoritari che adottano comportamenti vessatori verso i professori. Per questo preoccupa non poco la proposta di consentire ai dirigenti di poter scegliere i docenti con la possibilità non tanto velata di poterli anche licenziare», fanno notare i sindacati che rivendicano il diritto-dvere di «essere consultati e non esautorati, come si sta verificando, nella stesura di un eventuale nuovo stato giuridico del personale della scuola».
CARRIERE. Tra le richieste: la conservazione dell'attuale meccanismo di carriera, non escludendo meccanismi di valutazione legati alla meritocrazia che siano però aggiuntivi all'attuale anzianità di servizio e non sostitutivi, visto che i docenti italiani hanno uno stipendio che si colloca sotto la media europea ma con il livelli di tassazione più alti d'Europa; la possibilità che la carriera e la disciplina del docente non siano di competenza esclusiva del dirigente scolastico e che lo stesso debba a sua volta rispondere a un superiore gerarchico ben definito. «In Francia per il controllo dell'operato di docenti e dei dirigenti scolastici sono in forza 3 mila ispettori contro i 51 dell'Italia». Ultimo campanello d'allarme: il “registro nazionale” per realizzare una sorta di graduatoria dei “buoni e cattivi”. «Non esiste nulla del genere in nessun altro settore. Sarebbe un provvedimento lesivo dei diritti costituzionali di ogni lavoratore».
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Anna Madron

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