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Confindustria

Dalla Vecchia avverte: «Vicenza vota per chi mette la fabbrica al centro»

Verso la scelta del nuovo presidente nazionale di Confindustria
Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza
Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza
Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza
Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza

Sono giorni cruciali per le scelte. Tante scelte. E bisogna fare quelle giuste. A tutti i livelli e in tutti i campi. Per questo Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza, mette in fila le priorità di un'agenda che diventa cruciale. A partire proprio da Confindustria, che tra pochi mesi, eleggerà il nuovo presidente nazionale. «Sarà un incarico davvero pesante quello che si troverà ad affrontare il futuro eletto - ammette Dalla Vecchia - perché il momento è di quelli che segneranno il futuro. Lasciamo alla politica dei talk show i dibattiti sulle bandierine e le polemiche. Noi ci troviamo a nostro agio a parlare di fatti concreti. Vicenza voterà sulla base del programma, di un piano che metta al centro la fabbrica, la ricerca, lo sviluppo, l'innovazione, la produttività. Ci aspettiamo quindi una Confindustria autorevole, in particolare su 3 significativi temi».

Relazioni, mercati, Europa

Gli aspiranti presidenti, in attesa di avere il via libera dalla commissione di saggi appena insediata, prendano nota. Vicenza deciderà sulla base di questi tre argomenti. «Il primo sono le relazioni industriali - spiega Dalla Vecchia - perché, a livello di sistema Italia, dobbiamo lavorare su una nuova consapevolezza dell'importanza che ha il costo dei fattori produttivi, e in particolare il costo del lavoro, per la manifattura. Il secondo punto è l'internazionalizzazione, il nostro rapporto con i mercati esteri, i clienti internazionali, il nostro saper fare sistema nel mondo per essere protagonisti anche quando le supply chain subiscono degli choc, come abbiamo purtroppo sperimentato in questi anni. E infine l'Europa, il grande regolatore del nostro futuro, in particolare sui temi della decarbonizzazione. Sono questioni in cui i "come" e i "quando" definiscono la sopravvivenza o meno del lavoro di migliaia di imprese. Serve che Confindustria possa, a Bruxelles, confrontarsi con persone competenti e aperte e che all'ideologia cieca si sostituisca la razionalità, pur mantenendo ambiziosi gli obiettivi. È così che difendiamo il lavoro, e solo se c'è lavoro ad alta produttività le scuole possono funzionare, gli ospedali possono curare, le società possono prosperare. Facciamolo insieme e, da parte nostra, chiediamo che lo faccia Confindustria nazionale: al centro va messa la manifattura».

La manifattura

Non è la prima volta che l'accento viene posto sul motore trainante dell'industria nazionale. Ma Vicenza, che sulla manifattura ha costruito decenni di benessere e sviluppo, tiene a sottolinearlo. «L'Italia ha bisogno della manifattura - ribadisce la presidente - è un dato di fatto: è dalla manifattura che emerge il valore aggiunto del Paese, oltre che una bilancia commerciale con l'estero positiva. È la manifattura che in qualche modo, nonostante gli sprechi ingiustificabili che caratterizzano la nostra spesa pubblica, tiene in piedi il paese. Lo fa grazie al prezioso contributo di tutti quelli che lavorano nelle nostre industrie. È grazie a loro che sono trainati gli altri settori: tantissimi servizi, soprattutto quelli a maggior valore aggiunto, lavorano con l'industria, talvolta in esclusiva. Il commercio, in molti casi, ne chiude la catena distributiva che, nell'alimentare, ma non esclusivamente, è invece aperta dal settore primario. In tutte queste catene del valore è comunque sempre centrale la manifattura. Senza la trasformazione che arriva dalle industrie, l'Italia perderebbe il cuore della propria economia».

Produttività e occupazione

Il punto è che la manifattura non può più arrangiarsi. Quello che poteva e può fare, l'industria lo ha fatto e lo farà. «Banca d'Italia ha fatto un recente e documentatissimo lavoro sulla produttività negli anni recenti - osserva Dalla Vecchia - affrontando, tra le altre cose, la risposta data, dai diversi settori, negli anni delle crisi scaturite post Lehman Brothers e Covid. Anche in confronto agli altri paesi europei, l'industria italiana si conferma ai livelli dei campioni tedeschi, a cui siamo legatissimi e che oggi sono in recessione. Insomma, dallo studio emerge evidente come sia l'industria a dare il contributo decisivo alla nostra economia. E come il valore espresso dalla manifattura riesca a far fronte anche ad altri elementi di debolezza che invece il Paese presenta».

Fronte comune

Ma la manifattura non più permettersi il lusso di mettersi sulle spalle i fattori di debolezza altrui. «L'Italia ha bisogno della manifattura - afferma Dalla Vecchia - ma deve anche occuparsi della manifattura. Non è un pilastro che regge a prescindere. La manifattura è la nostra cultura, il nostro patrimonio che deve essere difeso perché deve essere difeso il lavoro. Invece vediamo una generale inconsapevolezza e soprattutto un disinteresse in merito al fatto che siamo ad un bivio mondiale. La manifattura, anche quella di eccellenza, sta subendo cambiamenti epocali per il Green Deal, per l'avvento dell'intelligenza artificiale, per i cambiamenti dei costumi post-pandemia, per le tragedie a livello geopolitico. Dobbiamo affrontare queste cose come Sistema, come Italia e come Europa e smettere di pensare che l'immobilismo funzioni o che "tanto le imprese in qualche modo ce la fanno". Siamo arrivati al momento in cui imprese, lavoratori, terzo settore e politica devono decidere insieme che Italia del futuro vogliamo. Sono fermamente convinta che, per noi, sia imprescindibile rimanere un paese del G7 e puntare ad avere un'occupazione che cresce e arriva alla media europea (che è al 75%, lontanissimo dai nostri standard, oggi siamo vicini al 62% e dai commenti sembra che abbiamo vinto l'Australian Open quando invece non siamo ancora arrivati a vincere il torneo parrocchiale)».

Innovazione e sviluppo

Per ottenere risultati bisogna però uscire dalla mentalità corporativa di ciascun comparto di una società per troppo tempo abituata a ragionare per compartimenti stagni. «Non possiamo che puntare sullo sviluppo, l'innovazione e un piano armonico di crescita collettiva - sottolinea Dalla Vecchia - che abbiano come centro la manifattura di qualità, produttiva, ad alto valore aggiunto e ritorno per il lavoro, gli investitori e i risparmiatori e lo Stato. Le industrie, e i lavoratori dipendenti, sono invece da troppi anni chiamati in causa quando devono essere spremuti per garantire rendite e privilegi. Sempre quando non vengono messi all'angolo, senza tutela alcuna, da gruppuscoli composti da 2-3 consiglieri comunali che per una manciata di voti, che garantiscono un piccolo posto di potere, bloccano investimenti di milioni di euro e conseguenti posti di lavoro e aumento del Pil sul territorio. Non c'è più spazio di manovra in questo senso».

Congiuntura col fiatone

Non bisogna quindi pensare che i numeri positivi registrati dall'industria vicentina nel recente passato siano destinati a ripetersi per diritto divino. «Dopo due buoni anni post pandemia - spiega la presidente - tra aumenti assurdi del costo dell'energia e dei noli, aumenti e razionamenti delle materie prime, aumento dei tassi mai visti, il 2023 si è chiuso col freno a mano tirato. I primi dati della nostra congiuntura dicono che chiudiamo l'ultimo trimestre del 2023 con una produzione in calo del 2,47%. È il terzo calo consecutivo. Sono 9 mesi che produciamo meno dell'anno precedente. E i due trimestri precedenti erano positivi solo per uno zero virgola. Siamo fermi da più di un anno. Gli effetti si vedono già nelle casse integrazioni attivate, ma ce ne saranno di peggiori se permane l'immobilismo».

Lavorare insieme

Proprio in questi giorni il segretario della Cisl di Vicenza, Raffaele Consiglio, ha auspicato sulle colonne del Giornale di Vicenza, l'apertura di una fase di maggiore collaborazione, di condivisione. «Dobbiamo, tutti noi, aumentare la produttività - concorda Dalla Vecchia -. A tutto tondo. Produrre meglio, lavorare meglio, viaggiare e trasportare meglio, commerciare meglio. Per vivere meglio. Per farlo serve il lavoro condiviso, portando i relativi interessi sul tavolo ma con spirito collaborativo, di tutte le parti sociali e dei corpi intermedi che li rappresentano. Lo chiedo dalla mia prima assemblea, ed era il 2021. Si parlava di giovani, di come il sistema Paese, imprese comprese, li dovesse mettere nelle condizioni di scoprire il valore della manifattura italiana, per permettere loro di esprimersi dando il loro importante contributo alla crescita collettiva. Per poter, così, essere indipendenti e, per chi lo desiderasse, fare famiglia senza rinunciare al lavoro. Gli ultimi dati su Vicenza e sul Veneto vedono una crescita di coloro che vivono da soli e di coloro che se ne vanno. Sono sempre meno i bambini e anche chi vuole venire qui. Abbiamo, ieri, accettato di buon grado l'apertura della Cisl di Vicenza a lavorare insieme. Si può fare, lo auspichiamo da molto. Dobbiamo farlo a tutti i livelli. A livello nazionale e sul territorio, soprattutto in un territorio forte come il nostro».

Roberta Labruna

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