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Ortelli, tradizione e avanguardia nella pittura
fra le due guerre

MOSTRE. Una retrospettiva inaugurata sabato a palazzo Fogazzaro e aperta fino al 2 maggio. I dipinti dell’artista scledense lo collocano fuori dal provincialismo
“Natura morta con teiera”, olio su tela di Alfredo Ortelli
“Natura morta con teiera”, olio su tela di Alfredo Ortelli
“Natura morta con teiera”, olio su tela di Alfredo Ortelli
“Natura morta con teiera”, olio su tela di Alfredo Ortelli

La città di Schio è finalmente riuscita a realizzare un progetto che coltivava da diverso tempo per commemorare una figura d'artista che gli è particolarmente cara, oltre ad essere significativa nel panorama artistico nazionale della prima metà del Novecento, quella del pittore Alfredo Ortelli.
Scomparso nel 1963, questo artista era nato a Schio nel 1909 e l'assessorato alla cultura della città, in collaborazione con l'associazione culturale Cafecinque, aveva da tempo in animo di celebrarne il centenario della nascita. Un appuntamento mancato solo di pochi mesi e il cui ritardo, in un certo senso, ha giovato alla mostra che, nel frattempo, ha potuto arricchirsi di ulteriori opere disperse in varie collezioni private, emerse alla notizia dell'intenzione espositiva.
Come talvolta accade, infatti, maestri locali che pure conquistano come Ortelli una fama nazionale, scompaiono senza che un regesto organico del loro lavoro sia rimasto a documentarne l'attività, nonostante le numerose commissioni private. Di questo fatto si rammaricava fin dal 1984 anche Neri Pozza, che cioè di molti autori della generazione del primo Novecento, attivi come Alfredo Ortelli a partire dagli anni Venti fino a poco oltre la metà del secolo, non si conoscesse l'ubicazione delle opere né si possedesse un sufficiente catalogo. Così, al di fuori dei picchi di eccellenza (che peraltro sono pochissimi, se si escludono Ubaldo Oppi - vicentino d'adozione- e Achille Beltrame), un assai ricco panorama di artisti locali, quasi tutti di buon livello, si mantiene oggi sul precario crinale dell'oblio, a causa della mancanza di una memoria documentata, cronologica e sufficientemente ricca relativa alle loro opere. "Piccoli maestri" che però definiscono e caratterizzano il tessuto della cultura figurativa regionale di un periodo complesso e in rapido mutamento come quello tra il primo e il secondo Dopoguerra. Anni critici nella storia del Paese ma molto vitali artisticamente, sia a Vicenza sia in provincia.
Dunque, tornando a Ortelli, l'ultima importante retrospettiva era stata fatto a Schio un anno dopo la sua morte, nel 1964. Vi erano esposte circa 60 opere la cui recensione, "L'arte di Alfredo Ortelli", venne redatta da Luigi Gaudenzio.
La mostra inaugurata sabato a Palazzo Fogazzaro mette finalmente insieme un repertorio organicamente selezionato che rende giustizia all'opera del pittore scledense, decantata dalle tentazioni agiografiche ma inserita nel contesto della cultura del tempo; sia della provincia, Schio, sia di Torino, la città in cui egli risiedette e lavorò a lungo, specialmente nel campo della grafica per l'industria del cinema prima e dell'illustrazione giornalistica poi. Come un altro pittore della provincia di Vicenza, l'arzignanese Achille Beltrame che per decenni fu autore delle copertine settimanali de "La domenica del Corriere", anche Alfredo Ortelli disegnò dal 1921, l'anno stesso della sua prima uscita, fino al 1929 le copertine per il supplemento domenicale de "La gazzetta del Popolo" edita a Torino.
La retrospettiva di Schio però dà conto soprattutto dell'attività pittorica che, più o meno intensamente, Ortelli affiancava a quella di illustratore: realizzando affreschi per alcune chiese del circondario e molti ritratti, nature morte e figure di bagnanti dai corpi scultorei. Pochissimi, invece, i paesaggi; freschi e intuitivi, "impressionisti", popolati di figure o significativamente desunti da alcuni famosi paesaggisti dell''800 - da Fontanesi e Corot, soprattutto. Quasi tutti questi dipinti affrancano Ortelli da un provincialismo espressivo, assegnandogli un ruolo importante, sia pure con un "ductus" fondamentalmente legato alla tradizione, tuttavia ricco di forza espressiva e talora di una sensibilità curiosa e aperta anche ai linguaggi delle avanguardie storiche, specialmente francesi.
La mostra, accompagnata da un bel catalogo edito da Menin, rimarrà aperta a Palazzo Fogazzaro fino al 2 maggio.

Giovanna Grossato

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