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Il miracolo della chiesa di San Martino che sopravvive a bombe e inondazioni

RESTAURI/3. Si trova al Ponte del Marchese: i proprietari vogliono recuperarla, si cercano aiuti
La chiesetta di San Martino: l'origine è incerta, longobarda o carolingia. FOTO ZORZETTO
La chiesetta di San Martino: l'origine è incerta, longobarda o carolingia. FOTO ZORZETTO
La chiesetta di San Martino: l'origine è incerta, longobarda o carolingia. FOTO ZORZETTO
La chiesetta di San Martino: l'origine è incerta, longobarda o carolingia. FOTO ZORZETTO

Testimone di secoli di storia e oggetto, negli ultimi decenni, di un grave processo di degrado, la chiesa di S. Martino al ponte del Marchese è in attesa di restauro. Merito della sensibilità dei nuovi proprietari, il cui progetto di recupero, affidato ad uno studio vicentino e approvato dalla Soprintendenza ai Beni architettonici di Verona, è ora alla ricerca di risorse economiche. «Si tratta di un intervento complesso e oneroso - sottolinea l'ingegner Gabriele Zorzetto - ed il Comune di Vicenza, attraverso un apposito bando, ha da parte suo di recente concesso un piccolo contributo a fondo perduto. Purtroppo non è sufficiente all'avvio del cantiere. Ora con Artes, associazione onlus per la tutela dell'edilizia storica, stiamo cercando ulteriori finanziamente per l'edificio». Risparmiata dalle acque del vicino Bacchiglione e dalle bombe aeree della Seconda Guerra Mondiale cadute sull'ex aeroporto militare Dal Molin, S.Martino è un miracolo di sopravvivenza. I primi documenti che ne parlano sono le visite pastorali dei vescovi Giovanni Antonio Farina (marzo 1864) e Antonio Feruglio (luglio 1909), eppure la sua origine ha dato vita ad una sorta di derby religioso tra monsignor Attilio Previtali, che la ritiene longobarda, don Giovanni Mantese che invece la ipotizza come carolingia, mentre per don Giuseppe Lorenzon si tratta di un edificio paleocristiano rifatto in età romanica sull'esempio di S.Zeno a Costabissara. Appartenente alla circoscrizione della pieve urbana, era con tutta probabilità una cappella costruita con reimpiego di materiali romani. Lo provano i frammenti decorati risalenti all'VIII secolo e l'abside con i suoi oculi. La costruzione presenta nella facciata pochi ma interessanti frammenti scultorei di epoca altomedievale. Lì, secondo Previtali, «sorgeva un'antica costruzione purtroppo scomparsa, ma di cui rimangono inconfondibili le fondazioni originali. Aveva una pianta di metri 9.45 per 6.85 e le fondazioni sono di 0.45 metri di larghezza, fatte con materiali del luogo e laterizi romani ben riconoscibili». Eccezionalmente sopravvissuta agli interventi indiscriminati e parte del patrimonio rurale della famiglia dei Porto, fu daiconti ristrutturata nel '400 come testimonia una lapide murata nella chiesa, poi asportata e oggi forse parte di una collezione privata. Nel XVII secolo passa ai Capra. S.Martino presenta un'aula rettangolare riparata da un tetto a capanna dagli spioventi ribassati, segno di vetustà sebbene l'attuale copertura mostra segni di interventi accorsi più volte nei secoli, per l'innalzamento dei muri perimetrali.Dignitoso l'ingresso sormontato da una piccola edicola quattrocentesca sebbene gli affreschi siano spariti. La parte intonacata mostra tre antichi pannelli in pietra locale: il monogramma di Cristo Salvatore (IHS), una croce con ampie braccia e la data “1490” a ricordo del rinnovamento della chiesa. L'abside, profonda poco più di un metro e emzzo e alta 3.20 metri, è disposto verso oriente ma ha subito evidenti rimaneggiamenti. Qui si riconoscono le fondamenta che sporgono di 15 centimetri rispetto alla muratura. Il campanile non è riconducibile a un'epoca precisa.

Roberto Luciani

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