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CAPITANO TONI UOMO LIBERO

Il cippo che ricorda la morte  Toni Giuriolo a Lizzano in Belvedere (Bo) La targa dedicata a Toni Giuriolo alla biblioteca Bertoliana
Il cippo che ricorda la morte Toni Giuriolo a Lizzano in Belvedere (Bo) La targa dedicata a Toni Giuriolo alla biblioteca Bertoliana
Il cippo che ricorda la morte  Toni Giuriolo a Lizzano in Belvedere (Bo) La targa dedicata a Toni Giuriolo alla biblioteca Bertoliana
Il cippo che ricorda la morte Toni Giuriolo a Lizzano in Belvedere (Bo) La targa dedicata a Toni Giuriolo alla biblioteca Bertoliana

“Fu colpito improvvisamente al cuore e cadde senza un grido, bocconi, per terra, schiacciando col peso del corpo stramazzato il fucile a tracolla che gli attraversava il petto. Erano le dieci di mattina del 12 dicembre 1944. Toni aveva trentadue anni. Era morto da uomo forte e libero, come era vissuto.” Così Norberto Bobbio rievocò la morte di Antonio Giuriolo a Lizzano in Belvedere 75 anni fa. Il filosofo torinese gli dedicò due solenni commemorazioni, la prima delle quali, “L’uomo e il partigiano”, fu tenuta nella biblioteca Bertoliana nel 1948. Ma il primo discorso commemorativo di Giuriolo era stato quello del 1945 di Luigi Meneghello a Campogrosso in occasione dello scoprimento della lapide il cui testo era stato dettato da Licisco Magagnato che nel 1947 scriverà anche il testo della lapide posta nell’atrio all’ingresso della Bertoliana. Nel ‘46 Antonio Barolini lo aveva ricordato in un articolo ripreso successivamente in un testo più ampio del 1964 pubblicato su “Il Ponte”, “Il Capitano Toni”. A Giuriolo Meneghello dedicherà i suoi migliori ricordi in “Bau-sète”, nei “Piccoli maestri”, nei “Fiori italiani” e in un’approfondita conferenza in cui quindici anni fa aveva dato l’interpretazione autentica di quei suoi tre testi davanti agli studenti del “Pigafetta” in quella che era stata la scuola sua e di Giuriolo. E quella conferenza è stata un evento di rilievo anche perché Meneghello, dopo il lontanissimo discorso di Campogrosso del 1945, non aveva mai più parlato in pubblico di Toni. Ma occorre citare altri ricordi come quello di Enzo Biagi e di Enzo Enriques Agnoletti del 1945, le commemorazioni del cognato di Ciampi Ferruccio Pilla, partigiano nella brigata di cui Toni era comandante e ancora quella del presidente della Repubblica Ciampi che nel 2001 aveva voluto recarsi a Lizzano per deporre una corona sul cippo dove era morto il Capitano, e poi i due libri di Antonio Trentin ed i commenti di Ernestina Pellegrini, la maggior studiosa di Meneghello. Ciascuno di questi testi contiene la narrazione di quello che è stato Toni Giuriolo. Bobbio, affascinato dall’altissimo concetto della cultura che aveva Giuriolo, disse che era stato «L’incarnazione più perfetta che mai io abbia vista realizzata in un giovane della nostra generazione dell’unione di cultura e di vita morale». Secondo Meneghello: «L’incontro con lui ci è sempre parso la cosa più importante che ci sia capitata nella vita: fu la svolta decisiva nella nostra storia personale». Più problematico il ricordo di Barolini che chiese a Giuriolo, ripensando alla sua fuga da Vicenza per nascondersi a Venezia, mentre lui combatteva sull’Altipiano di Asiago e sull’Appennino: «Il capitano Toni, me lo lascia fare un esame di coscienza, dopo questi venti anni di lontananza? Io vissi una storia onesta ma mediocre. Lui ne visse un’altra, coraggiosa fino all’eroismo, al sacrificio cosciente di sé, alla morte». E a lui dedicò la poesia “Il Capitano Toni” in cui associò Giuriolo a Rolando che a Roncisvalle, prima di morire, nascose sotto il suo corpo la spada Durlindana. E quella poesia per Barolini «resta la più orgogliosa testimonianza di sopravvissuto per un’amicizia che ha reso degno quel mio lembo di giovinezza, per tanti altri aspetti mediocre e modesto». Indimenticabile il racconto della morte di Toni che abbiamo sentito da Ferruccio Pilla: «Un episodio che ci tocca profondamente e che ci ha plasmato la vita perché è fatto tutto di altruismo, di generosità e di impegno. Pensate che a quell’azione molti partigiani non volevano partecipare, perché noi eravamo in linea dalla fine novembre ed il 12 nevicò. L’epilogo è stato qualcosa che Toni aveva maturato nella sua vita, dato che era pronto a prodigarsi e ad immolarsi. In fondo Toni è morto per salvare uno di noi che si chiamava Pierino e che era il più giovane di tutti. Aveva 17 anni.” • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Pio Serafin

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