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Vicenza

San Camillo,
l’Ipab chiede
3 milioni di danni

Lavoratrici nella sede di Ipab
Lavoratrici nella sede di Ipab
Lavoratrici nella sede di Ipab
Lavoratrici nella sede di Ipab

VICENZA. I conti sono arrivati. E sono anche salati per la cooperativa Bramasole che fino all’ottobre scorso gestiva i tre reparti del San Camillo dopo aver vinto un bando che valeva, per tre anni, oltre 6 milioni di euro. Il contratto è stato rescisso e i servizi di assistenza internalizzati da Ipab dopo la pubblicazione, il 5 ottobre scorso, di un video nel quale si vedeva il piede fasciato di un ospite dal quale uscivano vermi. «Il danno per l’Ipab- si legge nella missiva che l’ente ha inviato alla cooperativa padovana- ammonta a 3 milioni e 171 mila 413 euro».

L’importo è dovuto alla perdita dei ricavi e dai maggiori costi che l’istituto di contrà S. Pietro sarà chiamato a sostenere fino all’ottobre del 2017, anno in cui sarebbe scaduto l’appalto, «considerando che l’inefficace gestione di Bramasole ha avuto un effetto negativo sul gradimento dell’utenza nei confronti del San Camillo, allontanando possibili ospiti». Meno soldi nelle casse quindi, senza dimenticare le spese per la pulizia, la sanificazione della struttura, la lesione dell’immagine e della reputazione di Ipab. Il presidente del consiglio di amministrazione, Lucio Turra l’aveva detto fin dall’inizio che il conteggio dei danni sarebbe stato rilevante. Ma questo è solo uno dei tanti filoni giudiziari aperti. Ieri mattina in tribunale era attesa una decisione in merito alla richiesta della riscossione della fideiussione che l’ente aveva chiesto alla cooperativa per coprire parte delle spese; il giudice del tribunale civile, Dario Morsiani, ha deciso di rinviare l’udienza al prossimo 26 febbraio. È stata depositata una memoria da parte dei legali dell’ente per spiegare le motivazioni per cui è stata richiesta la fideiussione aperta dalla cooperativa con Liguria assicurazioni. Un secondo fronte riguarda il pagamento dei lavoratori della cooperativa che non sono stati riassorbiti da Ipab, che ha scelto di gestire i servizi con il personale di Ipark: sui 64 addetti una trentina sono stati riassorbiti, gli altri sono rimasti a casa in attesa del bando per la ricerca di personale che è già stato pubblicato da Ipark. Nel frattempo non sono stati pagati gli stipendi di settembre, ottobre e di una parte di novembre. Le lavoratrici a dicembre hanno occupato la sede di contrà San Pietro, prima ancora si erano presentate in Consiglio comunale, i sindacati di base e anche Cgil, Cisl e Uil avevano fatto richiesta di cassa integrazione in deroga fino allo scorso 31 dicembre. Dopo un incontro in prefettura con tutti gli attori della vicenda la Bramasole ha corrisposto una piccola parte degli stipendi. Quindi è arrivata all’Ipab l’ingiunzione del pagamento della prima delle tre rate che Bramasole doveva incassare, pari a 157 mila euro. Anche quest’ultima seguita da un nuovo ricorso, ma il tribunale di Padova ha già emesso i decreti esecutivi. La posizione di Ipab resta chiara. «Visto il grave inadempimento, l’ente non intende provvedere ad ulteriori pagamenti delle fatture o delle prestazioni da saldare». E, infine, non resta che la Regione, la quale scioglierà le riserve sul commissariamento alla fine del mese dopo una nuova ispezione in merito alle migliorie richieste nei tre reparti,

Chiara Roverotto

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