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Vicenza

Ricatto a luci rosse
ai danni del prete
Subito a processo

Un sacerdote ritratto mentre si trova davanti all’altare
Un sacerdote ritratto mentre si trova davanti all’altare
Un sacerdote ritratto mentre si trova davanti all’altare
Un sacerdote ritratto mentre si trova davanti all’altare

Ritenuti responsabili di un ricatto a luci rosse ai danni di un prete vicentino, il giudice per le indagini preliminari Barbara Maria Trenti ha accolto la richiesta del pubblico ministero Serena Chimichi e ha disposto il giudizio immediato di Radouane El Mohamadi, marocchino di 44 anni, e di Maria Narcisa Enache, romena di 26. I due stranieri erano stati arrestati a metà settembre, dagli investigatori della squadra mobile mentre stavano cercando di estorcere al sacerdote la somma di 15 mila euro in cambio della promessa di non diffondere le immagini di un filmino hard che lo ritraeva in atteggiamenti intimi con il nordafricano. Il rendez-vous erotico, ripercorrendo la scansione temporale della vicenda, è avvenuto l’8 settembre. La sera stessa, stando alla denuncia del prete, è scattato poi il piano estorsivo. A cui ha risposto con l’immediata denuncia alla polizia.

«PROVE EVIDENTI». «Ritenuto che la prova appare evidente - scrive il giudice per le indagini preliminari - e che gli indagati sono stati interrogati sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova in sede di udienza di concalida dell’arresto, viene diposto il giudizio immediato di Radouane El Mohamdi e Maria Narcisa Enache». I due dovranno presentarsi in aula il prossimo 3 febbraio per la prima udienza.

ACCUSE RECIPROCHE. La Enache, difesa dall’avvocato Anna Sambugaro, aveva spiegato che l’idea dell’estorsione era stata architettata dal marocchino. Che era stato lui a suggerirle di prodursi in una scenata di gelosia appena lo avesse “sorpreso” a letto col prelato e che, anzi, era dispiaciuta per aver saputo che la vittima era un religioso. El Mohamadi, assistito dall’avvocato Rachele Nicolin, invece, ha ribaltato prospettiva sostenendo che era stato il sacerdote a chiamarlo per far festa. E che lui, essendo musulmano, non avrebbe avuto alcun motivo per far trapelare un video in cui veniva ripreso durante un rapporto omosessuale.

INCONTRO E RICATTO. Dalle indagini, era emerso che le frequentazioni (anche sessuali) tra il prete e il suo presunto estorsore si susseguivano da anni. La conoscenza tra i due risalirebbe al 2008 e il religioso avrebbe aiutato El Mohamadi offrendogli spesso ospitalità e denaro. La visita in via Dian, l’8 settembre scorso, dunque, non sarebbe stato un episodio estemporaneo. Una volta entrato nella camera da letto dell’appartamento il prete avrebbe chiesto al nordafricano di chiudere la porta e lasciare le chiavi nella toppa. Invece l’uscio è rimasto aperto e le luce accesa; e mentre i due si trovavano sul letto avrebbe fatto irruzione la Enache con il telefonino già pronto per riprendere la scena. Secondo il gip «la responsabilità di entrambi è palese». El Mohamadi, in particolare, «era evidentemente sicuro che il prete avrebbe pagato rischiando altrimenti tutto il suo futuro in caso di diffusione della notizia». L’indagine dei poliziotti è durata meno di una settimana. Ovvero dall’8 settembre, sino al 14 quando è avvenuto il blitz che ha portato all’arresto del nordafricano e della lucciola romena.

Matteo Bernardini

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