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Vicenza

Orfani del simbolo
i 5 Stelle presentano
la lista "bocciata"

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Gli esponenti del Movimento Cinque stella che ieri mattina hanno comunque deciso di depositare la lista per le amministrative. FOTO LABRUNA
Gli esponenti del Movimento Cinque stella che ieri mattina hanno comunque deciso di depositare la lista per le amministrative. FOTO LABRUNA
Gli esponenti del Movimento Cinque stella che ieri mattina hanno comunque deciso di depositare la lista per le amministrative. FOTO LABRUNA
Gli esponenti del Movimento Cinque stella che ieri mattina hanno comunque deciso di depositare la lista per le amministrative. FOTO LABRUNA

«Consigliere, com'è andata?», chiede un dipendente comunale a Daniele Ferrarin mentre sta scendendo le scale di palazzo Trissino. «Abbiamo depositato lo stesso la lista, ma la certificazione del simbolo non è arrivata», risponde lui. Pochi passi e un'altra dipendente lo ferma: «Consigliere Ferrarin, se mi posso permettere, volevo solo dirle che ha dell'incredibile quello che vi sta capitando, mi dispiace davvero». Quello che sta capitando è che, salvo sorprese, i Cinque Stelle alle elezioni comunali non ci saranno. Visto che il loro capo politico, Luigi Di Maio, ha deciso di non concedere l'uso del simbolo. Il perché non si sa. «Speriamo in un miracolo», dicono gli attivisti. Una ventina quelli che ieri si sono radunati in Comune. Appena fuori dall'ufficio del segretario generale Antonio Caporrino. Ed è proprio quest'ultimo a spiegare che in teoria una speranza, «per una lista che ha una rappresentanza in Parlamento», c'è ancora. «Un'integrazione alla documentazione - spiega Caporrino - è possibile, ma è a discrezione della commissione circondariale». E proprio dalla commissione, ieri pomeriggio, hanno fatto sapere a Ferrarin che il tempo utile per presentare l'atto mancante scade martedì mattina. Tuttavia nessuno si fa la benché minima illusione. A cominciare da Francesco Di Bartolo, il candidato sindaco scelto con le comunarie, che si è ritrovato improvvisamente fuori gioco: «Abbiamo depositato simbolicamente la lista. Per rispetto verso gli elettori, verso gli attivisti, verso chi ha sottoscritto la nostra lista». Il resto è fredda cronaca: la documentazione inviata allo staff nazionale e poi il nulla. «Silenzio tombale», per dirla con Di Bartolo, «un tradimento degli stessi principi del movimento». Lì, al secondo piano del Comune, c'è anche l'ex senatore Enrico Cappelletti: «Il movimento ha avuto un ripensamento rispetto a una candidatura per le Politiche qui a Vicenza, spero possa avvenire anche in questo caso». Lo scoramento tra gli attivisti è evidente. Tanto più in un movimento che si è fatto strada sbandierando la trasparenza, l'uno vale uno, la democrazia dal basso. Tre concetti che fanno a pugni con ciò che è successo a queste latitudini. Ma non solo qui. Anche a Castelgomberto non è stato concesso l'utilizzo del simbolo e i 5 Stelle sono assenti da tutte le amministrative del Vicentino. Tornando al capoluogo, i pentastellati attendono risposte. Una loro idea, intanto, su cosa può essere capitato se la sono fatta. Ma Cappelletti non punta il dito contro chi ha preso la decisione, no, la colpa è della stampa che ha scritto delle beghe interne «dando un'immagine non vera del movimento. Mai una volta i nostri due consiglieri hanno votato diversamente». E in effetti la grande armonia è stata certificata anche ieri e resa evidente dall'assenza dell'altra consigliera Liliana Zaltron: «Non c'ero - spiega - perché è stata presentata una lista non certificata. Per carità, non dico che è stata una forzatura, ma io ho fiducia nello staff e prendo atto delle decisioni». Ma è il suo nome quello che ieri tutti sussurravano. «Non scriva il mio nome, ma il motivo di questa situazione - dice un attivista - è evidente: guardi chi manca». Epperò un po' tutti ripetono una cosa: «L'eccezione ci può essere, ma le faide erano state superate, attorno a Di Bartolo si era ritrovata l'unità». Un messaggio Ferrarin lo lancia al centrodestra e al centrosinistra. Visto che ora molto probabilmente la partita si deciderà al primo turno, è caccia ai voti grillini: «Non siamo un partito, non abbiamo voti da controllare, le persone voteranno chi vogliono». Non proprio chi vogliono. Perché da Roma hanno deciso che ai vicentini sarà negata la possibilità di votare per il primo partito del Paese. A meno di un miracolo.

Roberta Labruna

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