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Mossano

Fratello di Stacchio
scelto per uccidere
il toro in fuga

Silvano Stacchio e il toro fuggito dal macello ripreso da un’automobilista in Riviera
Silvano Stacchio e il toro fuggito dal macello ripreso da un’automobilista in Riviera
Silvano Stacchio e il toro fuggito dal macello ripreso da un’automobilista in Riviera
Silvano Stacchio e il toro fuggito dal macello ripreso da un’automobilista in Riviera

In comune hanno il cognome, la professione e la predisposizione all’uso del fucile. Questa volta però a sparare è Stacchio Silvano, fratello di Graziano che il benzinaio lo fa ad Albettone.

Una passione di famiglia quella delle armi, che questa volta però ha messo fine alla fuga non di un rapinatore ma di un toro da 600 chili. Un bestione bianco e nero scappato da una macello a Ponte di Barbarano ieri mattina attorno alle 9,30. Il toro impaurito e con il passare del tempo sempre più indomabile, ha percorso tutta la riviera berica in direzione Mossano fino a rifugiarsi nelle campagne sotto la località di San Pancrazio. L’allarme del macello è scattato non appena gli addetti hanno notato che nella stalla non c’era più la bestia che avrebbe dovuto essere ammazzata nelle prossime ore e a quel punto un piccolo esercito si è messo in moto alla caccia del toro.

Carabinieri, i responsabili del macello, veterinari, tutti alla ricerca dell’animale che intanto sfiorava automobili in Riviera e sempre più spaventato correva in cerca di un riparo, finchè l’ultimo avvistamento è stato segnalato sul territorio di Mossano.

La situazione si stava aggravando soprattutto per la pericolosità dell’animale tanto che le forze dell’ordine hanno interpellato il sindaco di Mossano, Giorgio Fracasso, per chiedergli di firmare l’ordinanza di abbattimento. Sì, perchè di placare l’animale con le buone proprio non c’era possibilità. «E poi considerando che non si trattava certo di un animale da compagnia e che il suo destino era segnato, l’abbattimento era l’unica soluzione», ha spiegato il sindaco.

Certo, ma chi lo abbatte? Chi si prende la responsabilità di avvicinarsi ad una bestia di 6 quintali e sparargli senza appello? «Stacchio, chiamiamo Stacchio il benzinaio, non quello che ha sparato al bandito Cassol, al fratello che lavora ad Albettone». La soluzione sarebbe arrivata da uno del gruppo di inseguitori che dalle dieci di mattina tentavano di fermare il toro. Era arrivato il momento di Silvano, toccava a lui imbracciare il fucile e sparare per mettere fine all’inseguimento, forte di un’ordinanza comunale e di una richiesta formale del servizio veterinario.

Era lì nascosto in un boschetto a prendere fiato quel toro destinato al macello, davanti a lui a 40 metri di distanza con l’occhio fermo del torero, Silvano, che per l’occasione aveva preso dall’armadietto il fucile da caccia grossa. «Un colpo alla testa, poi un altro per finirlo. Così ho ucciso quel toro immenso, ma per carità non sono mica un eroe». Per molti l’eroe era stato il fratello Graziano dopo quel colpo inferto al bandito durante la rapina all’oreficeria Zancan del febbraio 2015. La procura una settimana fa ha archiviato il procedimento stabilendo che Stacchio (Graziano) sparò per difendersi. Posizione in fin dei conti non così diversa da quella di Silvano, costretto a sparare per difendersi da un animale che poteva offendere. «Hanno chiamato me perchè sapevano che potevo abbattere un animale di quella stazza. Era innervosito e incattivito perchè da quasi due ore vagava in un ambiente ostile, che non conosceva. Qualcuno lo doveva fare e l’ho fatto io. Paura? Macchè, i cinghiali fanno paura, mica i tori».

Coraggio della Bassa e predisposizioni innate, se è vero, come raccontano le cronache che da queste parti tenere un fucile in casa è più o meno come tenere un tagliaerba. E poi c’è il sindaco di Albettone Joe Formaggio, che ad avere un concittadino così gongola come un bocia: «Sono felice di avere nel mio paese un cittadino dal così alto senso civico. Se quel toro non fosse stato ucciso avrebbe fatto danni, magari ferito un bambino o degli anziani. L’intera famiglia dimostra di essere cresciuta con il senso del dovere di chi si prodiga per la sicurezza degli abitanti».

E il toro? Dissanguato sul posto per conservare la carne in buono stato e poi riportato al macello. Nemmeno l’onore delle armi.

Eugenio Marzotto

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