<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Vicenza

Renzo Rosso
in tribunale
Udienza show

Renzo Rosso esce dal tribunale accompagnato dal suo legale, l’avv. Fabio Pinelli. COLORFOTO
Renzo Rosso esce dal tribunale accompagnato dal suo legale, l’avv. Fabio Pinelli. COLORFOTO
Renzo Rosso esce dal tribunale accompagnato dal suo legale, l’avv. Fabio Pinelli. COLORFOTO
Renzo Rosso esce dal tribunale accompagnato dal suo legale, l’avv. Fabio Pinelli. COLORFOTO

 

Fra tante battute in aula, quella più bella arriva ad udienza finita. Renzo Rosso chiede se qualcuno ha una sigaretta. Il più lesto è Alessandro Ambrosini, uno degli imputati, che gli porge l’ultima del pacchetto. E poi dice: «Mi hai chiesto un milione di euro e poi devo offrirti anche le cicche». Mentre l’altro imputato, Sergio Borsato, ricorda a Rosso alcuni trascorsi del passato e sottolinea: «Ma ti pare che io, che accompagno a casa tua figlia dalla discoteca quando ci va con i miei, mi metto a fare queste cose?». Il patron della Diesel abbozza, cerca l’uscita per fumare, ma è evidente che non ha capito di parlare con la controparte. Tanto che poi è il suo legale, l’avv. Fabio Pinelli, a portarlo via. Ma lo show di Rosso durava da almeno una mezz’ora, perchè in aula un po’ tutti hanno dato spettacolo.

IL PROCESSO. Ieri, davanti al giudice Matteo Mantovani e al pubblico ministero Isabella Dotto, era in programma l’udienza a carico di tre persone. Si tratta di Massimo Giacobbo, 50 anni, di Marostica, e appunto di Borsato, 54, di Cartigliano, per tentata estorsione ai danni di Rosso, che si è costituito parte civile. I due sono a giudizio con Ambrosini, 44 anni, di Creazzo, accusato di diffamazione aggravata ai danni di Rosso e dell’imprenditore Francesco Baggio. I tre imputati, difesi dagli avv. Andrea Rizzato e Antonio Mezzomo, contestano le accuse. I fatti risalgono alla primavera 2014 e sarebbero avvenuti fra Vicenza, Marostica e Bassano. Borsato, conosciuto come cantautore legato alla Lega nord, sarebbe stato il “regista occulto” dell’operazione. L’obiettivo, secondo la procura, che coordinò le indagini di commissariato e guardia di finanza, era di costringere Rosso a versare soldi per aprire una società in Svizzera, facendo diventare socio Giacobbo. Perchè? Perchè la coppia avrebbe avuto informazioni riservate sull’imprenditore, legato alla Mala del Brenta e a Felice Maniero, e avrebbe esibito documenti scottanti. Ambrosini avrebbe invece pubblicato sul portale “nottecriminale” degli articoli su Rosso ritenuti diffamatori.

IN AULA. Ieri sono stati ascoltati diversi testimoni, fra cui Zanin, collaboratore di Rosso, che un po’ a fatica ha riferito di aver incontrato Giacobbo, che gli avrebbe chiesto di vedere Rosso consegnandogli anche una busta.

L’INTERROGATORIO. Poi è stata la volta di Rosso, spazientito dalla lunga attesa. Ha spiegato che Diesel «ha 2.500 dipendenti, di cui una ventina per la comunicazione e la tutela reputazionale». Ha riferito di non ricordare i dettagli: «È fuori di testa pensare di sapere cosa ho fatto due anni fa. Ho un’agenda piena di impegni, non so cosa faccio domani. Lavoro tantissimo, ho la fedina penale immacolata, faccio tanta beneficenza. Cosa volete da me?». Il racconto di Zanin lo preoccupò: «Per me era tutta una cazzata, non avevo paura per me. Ma dopo aver letto quei fogli farneticanti ho pensato al fatto che era la mia azienda ad essere in pericolo, perché basta una notizia anche falsa a rovinare una ditta. E ho chiamato subito il vicequestore De Leo». E poi: «Ho tantissime persone che mi chiedono soldi o aiuto. Contatto il prete e chiedo se hanno bisogno. Se è così, faccio il possibile. Ma la polizia mi disse che Giacobbo era un figlio di..., e sporsi denuncia». Il giudice ha più volte zittito gli avvocati: «Sono due ore che continuate a beccarvi. Adesso basta. Le vostre opinioni non hanno valenza probatoria se non l’avete capito».

FUORI DALL’AULA. Nell’atrio del tribunale, nuovo show con Rosso che cercava di calmare Borsato. «Questo mi pare un posto di matti», ha detto parlando di palazzo di giustizia. Si torna in aula il 10 novembre.

Diego Neri

Suggerimenti