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Perle e coralli Il lusso coltivato in modo naturale

Una delle creazioni con perla e coralli che si possono ammirare in questi giorni nei padiglioni della Fiera
Una delle creazioni con perla e coralli che si possono ammirare in questi giorni nei padiglioni della Fiera
Una delle creazioni con perla e coralli che si possono ammirare in questi giorni nei padiglioni della Fiera
Una delle creazioni con perla e coralli che si possono ammirare in questi giorni nei padiglioni della Fiera

Un oceano più pulito comprando più perle. È una provocazione, ma non del tutto quella lanciata ieri durante il seminario “Gioielli verdi e blu. Il lusso sostenibile per l’ambiente” organizzato da Ieg insieme a Cibjo, la confederazione mondiale del gioiello, per discutere di sostenibilità ambientale legata alla coltivazione delle perle e del corallo, su cui sono intervenuti, moderati dal giornalista Steven Benson: Laurent Cartier, del Ssef, l’istituto gemmologico svizzero; Justin Hunter, di J. Hunter Pearls (Fiji); Shigeru Akamatsu, di Mikimoto Pearls (Giappone); Jacques Christoff Branellec, di Jewelmer Joaillerie (Filippine) e Rui Galopim de Carvalho, commissione coralli di Cibjo. Con loro Matteo Marzotto e Corrado Facco, vicepresidente e direttore generale di Ieg e il presidente di Cibjo Gaetano Cavalieri. «C’è correlazione tra qualità delle perle e dell’oceano – sottolinea Cartier – perché per avere un prodotto di alta qualità è necessario coltivarlo in un ambiente puro e primitivo. Questo tipo di attività, poi, può offrire sviluppo economico a comunità remote, procurando benefici sia di tipo ambientale che sociale. Infine, le aree di coltivazione delle perle sono anche quelle con il maggior numero di pesci e biodiversità, perché fungono da zone protette». Cartier fa anche parte del progetto di ricerca “Sustainable pearls”, che vuole incoraggiare queste attività sostenibili e tra le persone con cui ha collaborato c’è anche Hunter, che ha illustrato il Piano industriale delle perle nelle Fiji. «Due anni fa – racconta – la tempesta tropicale ci ha messo in ginocchio e fatto comprendere i pericoli del cambiamento climatico. La coltivazione delle perle è un “filtro naturale”. Una grande minaccia all’ambiente, poi, è la povertà, ma lavorando con le popolazioni locali, in particolare donne e giovani, e offrendo benefici economici in cambio della preservazione dell’ambiente si riduce questo rischio, facendo in modo che le comunità diventino dei “guardiani del mare”». Un’esperienza simile è quella di Akamatsu, la cui azienda è specializzata in perle Akoya e utilizza metodi a zero emissioni, che ha raccontato il cambiamento dall’iniziale distruzione di migliaia di ostriche per trovare una perla, agli attuali metodi, auspicando un’evoluzione tecnologica che tuteli l’ambiente, ma anche un passaggio da quantità a qualità. Ma sui cambiamenti ambientali si è focalizzato anche Branellec, che coltiva perle “pinctada maxima gold” in una comunità di 1300 persone, per cui questa attività significa occupazione, istruzione e salute. «Il lusso sostenibile riguarda la vita dell’uomo e del pianeta. La domanda è “o la borsa o la vita?” La risposta però non deve essere per forza esclusiva, si può e deve trovare un equilibrio». M.E.B. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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