<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Vicenza

Le procure
dividono BpVi
e Veneto Banca

Un’immagine della sede centrale della Banca Popolare di Vicenza in via Framarin
Un’immagine della sede centrale della Banca Popolare di Vicenza in via Framarin
Un’immagine della sede centrale della Banca Popolare di Vicenza in via Framarin
Un’immagine della sede centrale della Banca Popolare di Vicenza in via Framarin

La linea difensiva impostata da Atlante per opporsi alle cause avanzate da alcuni azionisti di BpVi relative ai finanziamenti “baciati” spiazza le inchieste della magistratura sulle banche venete. Due inchieste simili, almeno per i reati contestati e l’ambito in cui sarebbero stati compiuti, ma che sono in realtà diverse nell’approccio e soprattutto nel metodo da parte delle due procure. Anche riguardo alle ripercussioni che potrebbero avere nei confronti degli eventuali danneggiati, ovvero gli azionisti che si sono visti i loro titoli svalutati fino a toccare il valore di 0,10 centesimi. Secondo i magistrati, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca stanno agli antipodi nonostante agli ex vertici, in entrambi i casi, si contestino l’aggiotaggio e l’ostacolo agli organi di vigilanza. Ma mentre tra i 14 indagati di Montebelluna la procura di Roma ha deciso di non inserire la banca stessa, i sostituti procuratori berici, Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi, assieme a nove ex amministratori hanno aggiunto anche la BpVi. Indagata per responsabilità amministrativa in base al decreto legislativo 231 dell’8 giugno 2001. Che tra le altre cose definisce come l’ente sia «responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o di direzione dell’ente stesso; nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso». Insomma, stando alla procura di Vicenza, gli amministratori che potrebbero aver commesso il reato di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza avrebbero agito «nell’interesse e a vantaggio della stessa Banca Popolare».

VICENZA E TREVISO. Avere dunque indagato la banca (come persona giuridica nel caso BpVi) o non averlo fatto (come per Veneto Banca) cambia la prospettiva. E questo, in base alla procura, soprattutto nei confronti della tutela degli azionisti che oggi stanno protestando. Perché in caso di eventuali sequestri, le somme andrebbero in primis a favore dei soggetti eventualmente lesi dal comportamento dell’istituto bancario; e solo in un secondo momento, per la parte rimanente, allo Stato. Il contrario di quanto accadrebbe a Treviso. Dove la procura di Roma ha invece deciso di accendere i fari soprattutto sulla figura dell’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli. Senza però indagare la banca. In questo modo dunque tutto quello che è stato sigillato all’ex ad della banca di Montebelluna, nel caso le ipotesi accusatorie dei pm e della guardia di finanza venissero confermate dal tribunale, andrebbe a finire direttamente nelle casse dello Stato. E nulla finirebbe agli azionisti.

ATLANTE. Ed è chiaro che le due prospettive, così diverse, non sono indifferenti al Fondo Atlante. Che tramite un’unica operazione divisa in due fasi è diventato proprietario (con un esborso di poco più di 200 milioni di euro) di due istituti di credito che fino a un anno fa, messi insieme, valevano oltre 10 miliardi di euro. Atlante, chiamato in giudizio in sede civile da un gruppo di azionisti vicentini che sostengono di essere stati danneggiati per complessivi 150 milioni di euro, ha sempre respinto ogni via conciliativa sostenendo la bontà della precedente gestione della Popolare di Vicenza, comprese le delibere sui finanziamenti propri ovvero le cosiddette “baciate”. I legali della attuale banca, quindi, sostengono che tutte le operazioni eseguite dalla gestione Zonin-Sorato erano state concluse quando la BpVi era una società cooperativa e non invece una società per azioni. Da qui, stando ad Atlante, il pieno rispetto dell’articolo 2358 del codice civile. Quello che invece, secondo la procura, è stato violato. Stando così le cose i nuovi vertici, di conseguenza, difficilmente potrebbero promuovere alcuna azione di responsabilità.

Matteo Bernardini

Suggerimenti