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Arzignano

«L’operaio
era pronto
per la Jihad»

Miliziani dello Stato Islamico in parata con le armi e le lugubri divise nere del Califatto. ANSA
Miliziani dello Stato Islamico in parata con le armi e le lugubri divise nere del Califatto. ANSA
Miliziani dello Stato Islamico in parata con le armi e le lugubri divise nere del Califatto. ANSA
Miliziani dello Stato Islamico in parata con le armi e le lugubri divise nere del Califatto. ANSA

Secondo la Direzione distrettuale Antimafia Arben Suma era pronto ad arruolarsi nella jihad e combattere per il Califfato. A metterlo nero su bianco è la richiesta con cui la Dda di Venezia chiede al tribunale di Vicenza l’applicazione della misura di “sorvegliato speciale” nei confronti del 30enne operaio macedone residente ad Arzignano e del ritiro del suo passaporto. Le accuse nei suoi confronti sono di apologia del terrorismo e di istigazione all’odio razziale.

«Gli elementi raccolti - scrivono gli inquirenti Antimafia e Antiterrorismo - hanno consentito di documentare il prossimo arruolamento di Suma nello Stato Islamico e la sua disponibilità a commettere atti di terrorismo sul territorio nazionale in adesione ai principi della propaganda jihadista».

Ad accelerare il proposito di Suma di aderire alla “guerra santa” avrebbe contribuito l’arresto di Samet Imishti. Un fatto che secondo gli inquirenti «ha posto le condizioni per un’immediata reazione dei suoi sodali, fiancheggiatori o simpatizzanti, come Suma, che potrebbe rendersi facilmente disponibile a recarsi all’estero per perfezionare il suo arruolamento nella compagine terroristica, ovvero per aderire a iniziative violente destinate a controbilanciare la perdita di un importante punto di riferimento nel mondo del terrorsimo internazionale (Imishti appunto ndr)». Per questo motivo «Sussistono quindi le condizioni di necessità e urgenza che giustificano un’immediata e temporanea limitazione delle possibilità di espatrio di Suma sino al momento della decisione del Tribunale sulla proposta di applicazione della misura di prevenzione, tenuto conto delle imprevedibili implicazioni legate all’arresto di Imishti e della gravità dell’emergenza terroristica di matrice islamica nei diversi Paesi dell’Occidente dopo i recenti attentati di Parigi».

Nei svariati documenti e messaggi rinvenuti in casa dell’operaio macedone, gli investigatori avrebbero delineato «inequivocabilmente la sua adesione a una ideologia jihadista ispiratrice dello Stato Islamico. Dall’analisi dei contenuti presenti su uno dei due profili Facebook compaiono indici di esaltazione dello Stato Islamico - scrive il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Franco Roberti - persino con una auto-proclamazione di appartenenza allo stesso, del martirio, e, più in generale, delle azioni dei mujaheddin, il tutto nell’ambito di una vera e propria propaganda di sostegno all’affermazione del Califfato». Che Suma, stando agli inquirenti, alimentava grazie ai contatti con soggetti «ascrivibili alla filiera di combattenti del noto terrorista Muhaxheri Lavdrim e con altri fondamentalisti islamici recentemente tratti in arresto e attivi nell’area balcanica». Una condivisione che poteva evolversi nella jihad.

Matteo Bernardini

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