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«Quel cubo uno scempio
e una beffa per il paese»

Il cubo della Nestlè - San Pellegrino, brutto biglietto da visita per Recoaro. CRISTINA
Il cubo della Nestlè - San Pellegrino, brutto biglietto da visita per Recoaro. CRISTINA
Il cubo della Nestlè - San Pellegrino, brutto biglietto da visita per Recoaro. CRISTINA
Il cubo della Nestlè - San Pellegrino, brutto biglietto da visita per Recoaro. CRISTINA

Consiglio comunale di Recoaro unito contro il cubo della Nestlè-Sanpellegrino. L’edificio che sorge in via Molino di Sotto è rimasto di proprietà della multinazionale svizzera nonostante l’azienda sia stata venduta a Refresco-Spumador. La cessione della Recoaro, che ha comportato la perdita dei marchi storici Gingerino e Acqua Brillante, il valore aggiunto aziendale, non ha previsto una soluzione per l’annosa questione del cubo, un deposito non utilizzato e costruito con un’altezza che non è mai stata sfruttata. «Nei lunghi anni di gestione - lamenta l’amministrazione - Nestlè-Sanpellegrino ha contenuto al minimo gli investimenti, diminuito al massimo occupazione e produzione, tagliato ampie fette di mercato a favore di altri prodotti, attuato una politica aziendale volta alla mortificazione del marchio Recoaro rendendolo invisibile ai consumatori, provocando un danno d’immagine, oltre che economico alla comunità».

Per il Consiglio comunale ora «L’azienda dovrebbe dimostrare la responsabilità sociale che si conviene ad una multinazionale che sfrutta una risorsa fondamentale come l’acqua avendo cura del territorio e delle comunità in cui opera, senza lasciarsi alle spalle luoghi di abbandono e degrado». Proprio quello che è accaduto con il cubo, approvato con il miraggio di prospettive di sviluppo che non si sono mai attuate. La variante al Piano regolatore era stata approvata, intorno alla metà degli anni Ottanta per consentire a Giuseppe Ciarrapico, allora proprietario dello stabilimento, di ospitare nel cubo il reparto di produzione dei tappi per l’imbottigliamento di una linea produttiva da mezzo migliaio di addetti. La struttura non è mai stata più che un deposito, per lo più inutilizzato.

L’amministrazione evidenzia «il notevole impatto ambientale del capannone che deturpa l’ingresso del paese». Il sindaco e la giunta si impegnano ora a contattare nel più breve tempo la proprietà per discutere una rapida e definitiva bonifica dell’area e valutare con gli ufficio comunali la possibilità di intervenire.

Sonia Benetti capogruppo di “Recoaro cambia!” osserva: «È una richiesta sensata che risponde alle responsabilità etiche che le imprese hanno nei confronti delle comunità in cui operano. È inaccettabile che Nestlè-Sanpellegrino se ne vada con un simbolo del degrado, una cattedrale nel deserto dopo che l’azienda è stata svuotata nel senso più ampio del termine. È la richiesta legittima di una comunità che sta tentando di tenersi viva. A loro non mancano soldi né idee come dimostra l’avveniristico stabilimento di Castrocielo, inaugurato negli stessi giorni della scorsa estate quando a Recoaro si scendeva in piazza per difendere posti di lavoro e marchi. L’ordine del giorno è un atto di dignità, chiedere quello che è un dovere per Nestlè». «Il cubo è uno scempio - rincara il sindaco Giovanni Ceola -, una cosa insopportabile per i recoaresi e per chi ama Recoaro». A portare alla ribalta la questione era stato Nicola Storti della Uil a fine giugno, quando si era riunito il Comitato istituzionale per il futuro dello stabilimento, costituitosi la scorsa estate in Regione per vigilare sulla cessione dello stabilimento.

Luigi Cristina

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