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Luci sui forti, la notte parla di storia

Il salto dei Granatieri, sul Monte Cengio, dove morirono oltre duemila soldati
Il salto dei Granatieri, sul Monte Cengio, dove morirono oltre duemila soldati
Il salto dei Granatieri, sul Monte Cengio, dove morirono oltre duemila soldati
Il salto dei Granatieri, sul Monte Cengio, dove morirono oltre duemila soldati

Marialuisa Duso Non è un libro di storia, ma probabilmente ne racconta frammenti, come nessun testo scritto saprebbe fare. Non avrebbe nemmeno dovuto essere un libro. L’idea, in origine, era quella di raccogliere una serie di scatti per farne una mostra in occasione del centenario della Grande Guerra. Poi è diventato inevitabile fare qualcosa di più. «Il materiale raccolto andava aumentando in un crescendo di emozioni, sensazioni ed esperienze - racconta l’autore, Gigi Abriani - era il libro che chiedeva di essere fatto. Ci ha preso la mano». L’ESPERIENZA. È nato così, sull’onda di un’emozione che si faceva sempre più intensa “Luci nel silenzio”, realizzato e pubblicato in proprio da ArteFoto, di Lugo di Vicenza. La sua forza è un mix di tecnica e sensibilità nell’immortalare i luoghi in cui si è combattuto, di cui la terra vicentina è tristemente ricca. «Mi è sempre piaciuto scattare foto di notte - racconta Abriani - uniamo pure la passione per la montagna, dove da bambino ho trascorso tanto tempo, avendo un papà malgaro». Fin da piccolo ha sentito raccontare le storie di forti e sacrari «cicatrici di trincee incise nelle pieghe della nostra terra» come scrive nella prefazione lo storico Giuseppe Rubini. Li ha raccontati tutti, dall’Ortigara al Cengio fino al monte Grappa, passando per monte Cimone e Forte Interrotto. Tutto è iniziato come una sperimentazione. «Siamo abituati a pensare alla guerra in bianco e nero - spiega Abriani - io volevo fare un’operazione inversa e raccontarla a colori. Così ho illuminato i forti di notte, perché volevo si vedesse il cielo». I VIAGGI DI NOTTE. Sono state almeno 25 le spedizioni, tutte d’inverno, quando il buio è profondo. Cinque/sei persone, a volte qualcuna di più, per le quali quella fatica si trasformava pian piano in bisogno e che adesso manca terribilmente. «Si parlava tantissimo, a bassa voce, con grande rispetto per quei luoghi. Avevamo con noi un appassionato di storia che ci raccontava gli eventi accaduti in quella stessa terra che noi stavamo calpestando». E così, fra racconti e sensazioni, diventava più facile provare a immedesimarsi nei ragazzi di allora, che quando scrivevano una lettera a casa, fingendo di stare bene, non potevano immaginare se, quando la lettera arrivava, sarebbe stato ancora così. «Piccoli uomini che con sforzo immane sopportarono ciò che mai avrebbero immaginato - scrive ancora Rubini -. Com’è facile con il nostro abbigliamento tecnico andare per monti. Pensiamo invece cosa significava stare in trincea, con gli scarponi chiodati induriti dall’inverno... il loro cuore di uomini doveva essere veramente grande per barattare un’esistenza tanto dura in quei luoghi». Uno sforzo immane per restare aggrappati alla vita che mostrava ogni giorno l’insensatezza della guerra che quei giovani erano chiamati a combattere. INTENSITÁ. Paure, speranze e sensazioni che al buio si fanno più vive, e che queste immagini sanno raccontare con rara intensità Il libro è stato apprezzato dalle stesse penne nere, molte le sezioni degli alpini che si sono approcciate alle immagini rimembrando le tristi vicende legate ad una guerra che conta migliaia di vittime delle nostre montagne. La luce nella notte, portata dal fotografo rende misteriosi quei luoghi, affascinando il lettore che si immerge in una realtà che rimarrà per sempre unica. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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