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Parchi e piazze off-limits
Addio al calcio in strada

Piazza San Paolo con il divieto di gioco del pallone dopo le polemiche di qualche tempo fa. MASSIGNAN
Piazza San Paolo con il divieto di gioco del pallone dopo le polemiche di qualche tempo fa. MASSIGNAN
Piazza San Paolo con il divieto di gioco del pallone dopo le polemiche di qualche tempo fa. MASSIGNAN
Piazza San Paolo con il divieto di gioco del pallone dopo le polemiche di qualche tempo fa. MASSIGNAN

Calcio, che passione. Ma gli spazi liberi dove praticarlo sono sempre meno. “Dove c’era un grande prato verde ora c’è una citta” cantava qualche anno fa Adriano Celentano. Un tempo era sufficiente un campo vicino a casa, un cortile, un posteggio o una strada per interminabili sfide a pallone. Ora non più: effetto dell’urbanizzazione e di un mondo che, nel corso degli ultimi 30-40 anni, è radicalmente cambiato.

E così adesso chi vuole giocare a calcio è costretto a tesserarsi in una delle tante società che gestiscono le aree sportive come fossero dei privati, spesso vietando l’ingresso ai ragazzi che non appartengono a quella socità. Di strutture organizzate a Montecchio c’è solo l’imbarazzo della scelta: esistono ben quattro società calcistiche, oltre a due di futsal, e tutte offrono corsi per bambini, dai primi calci fino in poi. Tutti però, poco o tanto, a pagamento, e soprattutto in orari prestabiliti. Resistono le contrade, qualche periferia di quartiere che provano a sostituirsi agli oratori.

«Un tempo bastava davvero poco, si giocava in strada. Un paio di maglioni posati a terra per indicare le porte – ricorda Andrea Tomasi, promessa castellana approdata nella Primavera del Vicenza, da trent’anni allenatore dei più piccoli per il San Pietro – e poi via ad interminabili partite. Si usciva da scuola, si pranzava, e poi si restava in strada fino a sera. Altri tempi, altro traffico. Però c’era una crescita diversa: per diventare un calciatore occorre giocare in continuazione, ed allora lo si faceva, confrontandosi anche con ragazzi più grandi».

Mentre ora le cose sono cambiate… «Gli allenamenti sono due-tre volte la settimana - prosegue Tomasi -, e si sta in campo un’ora e mezza. Di positivo è che c’è un riferimento, quello dell’allenatore, che imposta e corregge il giocatore». Con costi da sostenere per le famiglie. «Ogni società ha un bilancio da far quadrare: comunque sono cifre contenute, e non ho mai visto o sentito di un ragazzino allontanato perché in difficoltà con la quota».

Il San Pietro quest’anno festeggia il 50esimo di fondazione, dopo aver lasciato lo storico campetto in sabbia dell’oratorio destinato, pare, ad essere riconvertito in parcheggio: una fotografia del mondo che cambia. Per i ragazzi anche i parchi sono off-limits. Le aree verdi a disposizione dei cittadini sono oasi di tranquillità, pensate per scaricare lo stress, per passare un’ora senza essere disturbati, per chiacchierare o leggere un libro senza il rischio di essere colpiti da una pallonata, come è accaduto nei mesi scorsi a Valdagno suscitando un acceso dibattito tra i pro e contro al gioco nei parchi. In tutti esiste il divieto non solo di giocare a pallone ma anche di qualsiasi altra attività che possa recare disturbo alla quiete. Il tutto disciplinato da un regolamento. Ogni Comune ha il suo. A Chiampo s’è provato a renderli a misura di bambino, riscrivendolo in modo da riconoscere loro il diritto al gioco e alle attività ricreative. «Nei cortili, nei giardini e nelle aree scoperte delle abitazioni private deve essere favorito il gioco dei bambini, fatte salve le fasce orarie di tutela della quiete e del riposo», è specificato all’articolo 16, ma al 30 c’è il «divieto di giocare a pallone fuori dalle apposite aree riservate». Vietate anche le piazze. Ultimo baluardo quella di San Paolo, ad Alte, dove però i ragazzini avevano esagerato, sfidandosi in partite estive durante la messa: schiamazzi eccessivi hanno portato anche qui al divieto.

Un’alternativa potrebbero essere le piastre polivalenti, luoghi dedicati al gioco. A Montecchio se n’era ipotizzata una in piazzale Collodi, ad Alte. «Il problema – commenta l’assessore allo sport castellano Gianluca Peripoli – è la loro gestione. Se lasciate al loro destino, senza che alcuno si faccia carico di vigilare, possono trasformarsi in luoghi di ritrovo di vandali. Il parco di via Volta ad Alte, un fiore all’occhiello, deve essere costantemente monitorato da Gec, polizia locale e carabinieri. A SS. Trinità eravamo disposti ad investire 100 mila euro, ma nessuno s’è assunto la responsabilità di gestire la piastra».

Giorgio Zordan

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