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Dal metanodotto spuntano resti romani

Gli scavi per il metanodotto di Marola hanno portato alla luce dei resti risalenti all’epoca romana. FRISON
Gli scavi per il metanodotto di Marola hanno portato alla luce dei resti risalenti all’epoca romana. FRISON
Gli scavi per il metanodotto di Marola hanno portato alla luce dei resti risalenti all’epoca romana. FRISON
Gli scavi per il metanodotto di Marola hanno portato alla luce dei resti risalenti all’epoca romana. FRISON

Il tracciato del nuovo metanodotto ha fatto affiorare una traccia importante del passato di Marola. Gli scavi hanno portato alla luce resti di pavimentazioni e piccole abitazioni di epoca romana. Il ritrovamento è avvenuto a Marola, tra i campi che circondano il Tesina. La scoperta è stata effettuata dal gruppo di archeologi che ha il compito di “precedere” la posa del metanodotto. Vista la grande presenza di tracce storiche in Italia, quando sono in corso lavori di questo genere, gli archeologi, coordinati dalla soprintendenza ai beni archeologici, lavorano quasi di pari passo con il cantiere, proprio per evitare che qualche “tesoro sepolto” venga perduto.

«Non è il caso del ritrovamento di Marola – spiegano gli archeologi impegnati nel cantiere -. Non sono stati fatti ritrovamenti “preziosi”, o di grande valore archeologico. Solo resti di murature e di pavimentazioni che hanno, però, un importante valore storico».

Dalla terra è emerso il perimetro di una piccola casupola, altre tracce di muretti a secco, senzo fondamenta e i segni di una pavimentazione in laterizi. «Possiamo immaginare che si trattasse di abitazioni destinate ad un uso produttivo – spiegano gli archeologi -. Qui siamo in aperta campagna, ed era così anche in epoca romana. Per questo gli edifici, di piccole dimensioni ed evidentemente senza gli “agi” delle case destinate ad abitarci, erano probabilmente dedicate a tutte le attività si svolgevano nei campi».

Nei dintorni, però, potrebbe esserci qualche testimonianza ancora più significativa. «È facile immaginare – spiegano gli archeologi -. Che queste abitazioni gravitassero attorno ad una casa padronale. Lo scavo si limiterà al tracciato del metanodotto, ma si tratta comunque di una scoperta importante perché conferma quello che gli storici sapevano da tempo senza trovarne, però, una conferma concreta: questo territorio era un insediamento romano».

Della scoperta è entusiasta Gianni Padrin, 55 anni di Marola, appassionato di storia locale ed esperto di idrogeografia storica. «Ero sicuro che ci fosse qualcosa del genere – spiega Padrin – guardando le mappe storiche del territorio avevo trovato i segni della centuriazione romana. In molte zone del Triveneto la traccia di questo passato romano è ben visibile ancora oggi, come ad Aquileia o in alcune zone del padovano e del rodigino. Qui nell’est vicentino, però, le tracce erano scomparse a causa delle alluvioni che si sono susseguite negli anni. Nelle mappe militari del primo dopoguerra che ho analizzato per la storia idrogeografica della zona, mi ero accorto dei segni della centuriazione. E questo ritrovamento, è una conferma del passato romano di Torri».

Gli archeologi sono all’opera per completare la pulizia del ritrovamento e per mapparlo nel minimo dettaglio nella documentazione che verrà poi analizzata dalla soprintendenza.

La mappatura servirà per riportare nel minimo dettaglio il ritrovamento e descriverlo con la massima precisione, perché la parte interessata al passaggio del metanodotto verrà rimossa. Almeno negli archivi, questa traccia del passato di Torri non verrà dimenticata.

Andrea Frison

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