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Lavori forzati “promossi“ dagli studenti

Studenti all’uscita di un istituto bassanese: consensi al patto per le “punizioni educative“Federico NicoliGloria Comunello
Studenti all’uscita di un istituto bassanese: consensi al patto per le “punizioni educative“Federico NicoliGloria Comunello
Studenti all’uscita di un istituto bassanese: consensi al patto per le “punizioni educative“Federico NicoliGloria Comunello
Studenti all’uscita di un istituto bassanese: consensi al patto per le “punizioni educative“Federico NicoliGloria Comunello

Sì ai “lavori forzati” - o socialmente utili - per gli studenti indisciplinati, per i bulli impenitenti e per chi non ha rispetto delle regole e dei compagni. L'idea di un castigo che non si esaurisca in una nota sul registro e in una lavata di capo ma che faccia invece rimboccare le maniche ai colleghi più turbolenti piace agli studenti bassanesi. A larghissima maggioranza infatti i ragazzi delle scuole superiori cittadine promuovono le nuove sanzioni disciplinari sperimentate dai dirigenti negli istituti del territorio, dove già da qualche tempo il castigo per gli allievi più “problematici” corrisponde non solo ad uno o più giorni di sospensione dalle lezioni ma, questa la novità, nell'obbligo di occupare le ore di studio perse con attività sociali o di pubblica utilità: pulizie, piccole manutenzioni e lavori di vario tipo all'interno della scuola o di realtà attive nel campo del sociale e del volontariato.

Al centro studi di Santa Croce, i provvedimenti non hanno creato proteste. Anzi, alla gran parte dei giovani l'iniziativa è parsa sensata e più efficace della sola esclusione dalle lezioni. Ne sono convinti, ad esempio, i ragazzi dell'istituto tecnico e commerciale Einaudi. «Sicuramente questo tipo di punizione è più utile: se stai a casa invece non impari nulla – osserva Alessia Mottin, della ragioneria -. Nella mia scuola questa formula è già attiva».

Anche Anthony Campagnolo e Federico Nicoli, sempre dell'itc Einaudi ma dell'indirizzo geometri, si dicono favorevoli a una sanzione che permette ai ragazzi puniti di «fare qualcosa di utile per tutti» ed evita che la sospensione sia vista come «una settimana di ferie». Un pensiero, il loro, condiviso anche da altre tre future ragioniere. «E' giusto così! - rimarca Giulia Moro – . Almeno in questo modo chi viene punito può fare qualcosa di buono». «Magari – aggiunge Gloria Comunello – la persona che incorre nella punizione ha modo di capire meglio ciò che ha fatto». «Nella nostra scuola – chiosa la compagna di classe Anita Parolin – queste misure sono già state messe in atto... Se sia poi utile non lo so: ad alcuni magari non importa».

E se è vero che un paio di giovanissimi allievi del liceo Da Ponte hanno sottolineato come forse per gli studenti sarebbero più proficue alcune ore sui libri che qualche giornata di lavoro, per diverse ragazze del professionale Remondini, un'esperienza di questo tipo può avere risvolti positivi anche sul piano educativo.

In questo istituto d'altro canto, a quanto rivelano le studentesse, sembra che le sospensioni non siano così rare, specialmente nelle classi prime. «A cosa serve stare a casa? - si chiedono alcune di loro – Un'attività del genere invece può diventare, per chi viene sospeso, un'opportunità per impegnarsi in qualcosa che non avrebbe mai pensato di poter fare»

Caterina Zarpellon

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