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Dopo la crisi, la povertà
Bussano in centinaia
al centro parrocchiale

Quello di viale Delle Fosse è uno degli sportelli di assistenzaI volontari preparano gli scatoloni di derrate alimentari nello sportello di viale Delle Fosse . CECCON
Quello di viale Delle Fosse è uno degli sportelli di assistenzaI volontari preparano gli scatoloni di derrate alimentari nello sportello di viale Delle Fosse . CECCON
Quello di viale Delle Fosse è uno degli sportelli di assistenzaI volontari preparano gli scatoloni di derrate alimentari nello sportello di viale Delle Fosse . CECCON
Quello di viale Delle Fosse è uno degli sportelli di assistenzaI volontari preparano gli scatoloni di derrate alimentari nello sportello di viale Delle Fosse . CECCON

Padri separati che non riescono a invitare i figli a pranzo, famiglie che non hanno i soldi per fare le spesa, persone ai limiti della sopravvivenza. C’è un sottobosco di miseria ai margini della vita bassanese che trova rifugio soprattutto nell’attività del Centro ascolto e aiuto delle parrocchie della sinistrabrenta che si occupa della raccolta e distribuzione degli alimenti. L’associazione ha chiuso il 2016 con numeri da capogiro nel campo della beneficenza, che danno l’idea di quanto la situazione sia preoccupante. Sono 32 mila, nello specifico, i chili di cibo consegnati dal centro ai poveri e agli emarginati del territorio. L’associazione ha garantito l’accesso al cibo a ben 160 famiglie bassanesi, per un totale di circa 540 persone aiutate. A loro sono state consegnate derrate alimentari di vario genere, compresi 8 mila 600 litri di latte e 1233 litri di olio. Decisivo si è rivelato il contributo delle associazioni del territorio, in primis degli alpini, e dei singoli cittadini, che hanno permesso al centro di far fronte alle richieste. Un dato è senza dubbio rilevante, come spiega il coordinatore del gruppo Franco Tessarin.

«Nel 2015 avevamo consegnato cibo a 180 famiglie - afferma -. Il leggero calo dell’anno scorso è dovuto innanzitutto al fatto che la crisi economica ha cominciato a mordere un po’ meno, ma soprattutto alla minore presenza di stranieri, emigrati verso altri Paesi. Ciò però non deve farci cantare vittoria. Le persone che seguiamo ora hanno bisogno di un’attenzione molto diversa e bussano molto più spesso alle nostre porte. Questo ci fa capire che alcune famiglie non sono più riuscite a risollevarsi dai problemi economici».

Numerosi sono soprattutto i padri di famiglia che si rivolgono al centro.

«Si tratta di uomini che hanno perso il lavoro due-tre anni fa e non sono più riusciti a trovare una nuova occupazione - prosegue Tessarin -. Vengono da noi per chiederci qualche alimento per preparare un pasto ai loro figli che vanno a trovarli. Sono per il 60% stranieri e per il 40% italiani. Molti pure gli anziani che chiedono il nostro aiuto. Purtroppo, attorno a noi ci sono alcune situazione di povertà assoluta».

Una povertà che spinge le famiglie a recarsi anche tre volte al mese al centro per chiedere una borsa di alimenti, quando fino a qualche anno fa la media era di due borse. Tra le fonti di approvvigionamento del centro, la principale è il banco alimentare di Verona. Quest’ultimo ha dovuto però ridurre la quantità di cibo consegnata a ciascun centro. «In passato ci venivano consegnati 60 quintali di cibo - spiega Tessarin -. Ora siamo scesi a 20. Questo perché nel territorio regionale sono sorte altre associazioni che si occupano dell’emergenza cibo, a causa dell’aumento del numero di poveri, per cui il banco ha dovuto ripensare la distribuzione. L’anno scorso, inoltre, non è arrivato nulla nemmeno dalla Gea, la struttura europea che donava i contributi più importanti nel settore dell’alimentazione».

Enrico Saretta

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