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Il mezzo milione è aiuto di Stato

La sede della società a capitale pubblico “Acque del Chiampo“
La sede della società a capitale pubblico “Acque del Chiampo“
La sede della società a capitale pubblico “Acque del Chiampo“
La sede della società a capitale pubblico “Acque del Chiampo“

Il giudice italiano ha le mani legate dall’Europa nel decidere sulla battaglia tributaria iniziata nel 2003. La società pubblica “Acque del Chiampo” non può recuperare dall’Agenzia delle Entrate l’agevolazione di 552 mila euro, di cui aveva beneficiato tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila, perché è considerata “aiuto di Stato” dalla Commissione europea.

Inutilmente la società pubblica di cui fanno parte dieci Comuni dell’Ovest Vicentino - Arzignano, Montecchio Maggiore e Lonigo i più grandi - aveva sostenuto di «ritenersi esente dal recupero in ragione del fatto che nel settore di attività non sarebbe stato realizzato alcun rafforzamento della propria posizione concorrenziale nel territorio di appartenenza».

È stata la quinta sezione della Suprema Corte, presieduta da Aurelio Cappabianca, a respingere il ricorso presentato dalla Spa contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del 2009, che ribaltava il verdetto di primo grado che dava ragione ad “Acque del Chiampo”.

La società a intero capitale pubblico di cui è amministratore unico Alberto Serafin, si occupa della gestione del servizio idrico integrato e di fognature, depurazione e smaltimento fanghi in discarica. Costituita il 7 maggio di 18 anni fa, in origine come consorzio F.I.C. spa nato nel lontano 1974, il 12 aprile 2007 si era vista ingiungere dal Fisco il recupero dell’ingente sgravio tributario di 552 mila euro, pari all’Irpeg non corrisposta a seguito dell’aiuto di Stato risalente al 1999, che nel 2003 venne dichiarato incompatibile col diritto comunitario dalla Commissione europea.

La Cassazione in modo perentorio ha sottolineato, pur comprendendo le osservazioni giuridiche dell’avvocato Stefano Coen per la controparte berica, che «l’obbligatorietà del recupero non consente al giudice nazionale alcuna diversa valutazione, in quanto l’esame della compatibilità di una misura nazionale di aiuto di Stato rientra nella competenza assoluta della Commissione della Comunità Europea».

Certo, per ribaltare una causa tutta in salita “Acque del Chiampo” ha insistito sulla circostanza che si trattava di un caso particolare e dunque di verificare la sussistenza delle specifiche condizioni per il recupero dell’agevolazione.

Com’è noto, l’azienda opera in un territorio limitato - appunto quello della Valle del Chiampo e dell’Area Berica fino a Lonigo - pertanto non avrebbe rafforzato la propria posizione concorrenziale, tenuto anche conto che per il settore non c’è una concreta possibilità di apertura al mercato. A tagliare la testa al toro, come ha ribadito il consigliere Laura Tricomi in sede di udienza pubblica lo scorso 7 febbraio, la dovuta e inevitabile comparazione con quanto stabilito dalla Commissione di Bruxelles.

Qualora la Cassazione avesse dato ragione ad “Acque del Chiampo”, i supremi giudici avrebbero operato una «inammissibile revisione della decisione comunitaria, la quale costituisce fonte di diritto comunitario di immediata applicazione nei giudizi tra privati e pubblici poteri». Dunque, una strada impraticabile e l’alternativa suggerita da “Acque del Chiampo”, cioè far rinviare il giudizio alla Corte di Giustizia, non è accoglibile. Di conseguenza la società vicentina è stata anche condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità quantificate in 8 mila euro.

Ivano Tolettini

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