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Arzignano

Il caso Concordia
«Nessun rimborso
dopo il naufragio»

La nave da crociera Costa Concordia reclinata su un fianco dopo il naufragio all’isola del Giglio.  ARCHIVIO
La nave da crociera Costa Concordia reclinata su un fianco dopo il naufragio all’isola del Giglio. ARCHIVIO
La nave da crociera Costa Concordia reclinata su un fianco dopo il naufragio all’isola del Giglio.  ARCHIVIO
La nave da crociera Costa Concordia reclinata su un fianco dopo il naufragio all’isola del Giglio. ARCHIVIO

«È una ferita così profonda che non si può rimarginare. E che, col passare del tempo, si aggrava per l’ingiustizia e l’indifferenza. Perché sembra che tutto sia andato bene». Roberto Bombardieri, hair stylist con saloni ad Arzignano e Montecchio Maggiore, in quella notte terribile del 13 gennaio del 2012 si trovava sulla Costa Concordia. Ha vissuto la paura del naufragio, le scialuppe che non c'erano, ha visto i morti da vicino.

Lui è un sopravvissuto di quella tragedia. Ma non potrà mai dimenticare. E ogni volta che la vicenda, a causa del processo al comandante Francesco Schettino, ritorna di attualità, la ferita si riapre.

«Non c’è stato alcun rispetto, alcun supporto – dice Bombardieri - è ingiusto che tutto finisca nel dimenticatoio. I morti, il dolore. Spesso rivivo ancora i flash di quella tragedia. Mi sveglio di notte. Io sto bene per fortuna. Ma il ricordo è molto forte e fa ancora male. Anzi sempre di più. Passano gli anni nell’ingiustizia. Di quello che avevo nella cabina, che si era salvata dal naufragio, non mi è stato riconsegnato nulla. Sarebbe stato un segnale. Invece solo incoerenza e bugie. Bisognerebbe fare qualcosa. I morti non si cancellano».

L’altro ieri la corte d’appello di Firenze ha confermato la condanna ad un anno e un mese per il comandante della Costa Concordia Francesco Schettino. Una condanna comprensiva di tutte le accuse principali, dall’omicidio colposo delle persone che persero la vita nel naufragio, alle lesioni fisiche e psicologiche causate a decine di passeggeri, fino all’abbandono della nave mentre c’erano ancora persone a bordo e alle false comunicazioni date alla capitaneria di porto. L’unica novità, nel confermare la sentenza, è che oltre ai 16 anni di carcere, la corte d’appello ha aggiunto una pena accessoria più pesante, ovvero l’interdizione per 5 anni da tutte le professioni marittime. Ma il dolore e la sofferenza di chi ha perso un congiunto e di chi è sopravvissuto, e non potrà mai dimenticare la paura e le grida dei passeggeri dopo lo scontro della nave con scogli, restano.

Roberto Bombardieri, per il risarcimento dei danni morali, psicologici e materiali, si è affidato ad un legale, l’avvocato Manolo Piccoli di Padova, ma la vicenda è tuttora aperta. «Per scelta di Bombardieri non ci siamo costituiti parte civile – spiega il legale – ma abbiamo scelto la strada del processo civile. Il procedimento però è ancora aperto, come altri. Costa sta resistendo in giudizio, ritenendo di non avere alcuna responsabilità; non hanno ancora pagato e finora non c’è stata una proposta seria di risarcimento. La sentenza della corte d’appello di Firenze non cambia e non aggiunge nulla rispetto al primo grado. Vediamo ora cosa succederà e se Costa riconoscerà alla fine di dover pagare. Tra l’altro a Roberto Bombardieri non è stato riconsegnato nulla del contenuto della cassaforte che era in cabina, oggetti personali e professionali, nonostante si fosse salvata dal naufragio, perché si trovava nel ponte rimasto fuori dal- l’acqua. La difesa di Costa è che le cabine che erano rimaste emerse furono poi spazzate via negli anni dalle diverse mareggiate, che praticamente hanno distrutto tutto. Insomma il mare ha portato via anche quello che si era salvato quella notte».

Luisa Nicoli

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