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Il maxi processo

Zonin: «Non ho mai fatto nulla di illecito. La mia liquidità investita tutta in BpVi»

Le dichiarazioni spontanee rese dall’ex presidente della Banca Popolare di Vicenza Gianni Zonin durante il maxi processo d'appello: «Ho impegnato quasi 25 milioni di euro. Se avessi avuto la minima percezione delle baciate non lo avrei fatto»
L’ex numero della Banca popolare di Vicenza, Gianni Zonin, in una foto d'archivio
L’ex numero della Banca popolare di Vicenza, Gianni Zonin, in una foto d'archivio
L’ex numero della Banca popolare di Vicenza, Gianni Zonin, in una foto d'archivio
L’ex numero della Banca popolare di Vicenza, Gianni Zonin, in una foto d'archivio

Sono le 11.22. Francesco Giuliano, il presidente del Collegio della Corte d’Appello chiamato a giudicare in secondo grado gli imputati del maxi processo per il crac dell’ex Banca popolare di Vicenza, da pochi minuti ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale. Lo spazio per l’acquisizione di documenti e testimonianze è scaduto. La scena passa ora ai pubblici ministeri per l’inizio delle loro requisitorie e ai legali difensori degli imputati per le arringhe difensive. 

Il processo nell'aula bunker di Mestre: parla Zonin

Ma prima che la parola passi al pm Alessandro Severi, dal banco dell’aula bunker di Mestre in cui è seduto, accanto al suo legale, Enrico Ambrosetti, l’ex numero uno di BpVi, Gianni Zonin si alza e chiede la parola
Nelle mani tiene un foglio dattiloscritto dove ha fissato le frasi che intende riportare come dichiarazioni spontanee di fronte alla Corte.
«Illustre presidente, illustri giudici della Corte di Appello. Nelle precedenti udienze - attacca Zonin - nell’ambito di questo giudizio, tutti i coimputati si sono sottoposti all’esame o hanno reso dichiarazioni spontanee. Io sono stato l’unico a non intervenire in questa fase. Alla conclusione della rinnovata istruttoria dibattimentale, ritengo doveroso spiegare le ragioni del mio silenzio. Non ho ritenuto di parlare non certo per disinteresse rispetto a una vicenda che ha segnato indelebilmente la mia vita e quella dei miei familiari. Fra pochi mesi compirò 85 anni e non sono più in grado di ripercorrere con precisione e completezza vicende risalenti ormai a una decina di anni fa. Devo quindi rinviare - prosegue l’ex presidente della Popolare - a quanto dichiarato nei tre interrogatori resi davanti ai pubblici ministeri e alle dichiarazioni spontanee lette nel corso del dibattimento precedente».

Dichiarazioni spontanee

Zonin, infatti, non aveva testimoniato nemmeno nel corso del dibattimento di primo grado, davanti al Collegio del tribunale di Borgo Berga, preferendo rendere, proprio come in questo caso, delle dichiarazioni spontanee.
«Desidero solo ribadire che in tutti gli anni in cui sono stato presidente della Banca popolare di Vicenza - prosegue Zonin, che in primo grado è stato condannato a sei anni e mezzo di reclusione - la mia strategia è stata quella di far crescere l’istituto affinché potesse essere un importante strumento per lo sviluppo dell’economia del territorio veneto e di quello nazionale, e allo stesso tempo anche un mezzo per tutelare il risparmio di tantissimi soci della banca. Per molteplici ragioni questo mio impegno non è stato coronato da successo».

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Zonin: «Sempre operato con correttezza»

Quindi l’ex numero uno di BpVi entra nello specifico del procedimento in corso: «Per quanto riguarda l’odierno processo penale, devo ribadire che ho sempre operato con correttezza e in conformità a quanto previsto dalla legge e dalla normativa degli organismi di vigilanza. Fino alla primavera del 2015 ero profondamente convinto della solidità patrimoniale dell’istituto. Fino all’ultimo ho investito tutta la liquidità mia e della mia famiglia nelle azioni della Banca popolare di Vicenza. Addirittura ho aderito - tra i pochissimi soci dell’istituto - all’aumento di capitale del 2016, successivo alle mie dimissioni da presidente».
Zonin, in primo grado, come altri tre ex vertici della Popolare è stato ritenuto responsabile dei reati di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza. È inoltre indagato (assieme agli altri coimputati e all’ex direttore generale Samuele Sorato) per il reato di bancarotta.

«Mi permetto di sottolineare - continua l’ex presidente - che se avessi avuto anche la minima percezione del fenomeno del capitale finanziato sicuramente non avrei continuato a investire somme importanti - quasi 25 milioni di euro - nelle azioni della Banca popolare di Vicenza. E in tanti anni non ho mai venduto un’azione della Banca popolare di Vicenza. Sono stato un imprenditore e un amministratore di società. In tutta la mia vita non ho mai subito una condanna penale per qualsivoglia illecito. Confido che la Corte di Appello di Venezia, con la giusta serenità, possa giudicare i fatti che mi sono addebitati e riconoscere, finalmente, la mia estraneità a essi».

Zonin, insomma, ribadisce, come ha sempre sostenuto, di non essere mai stato a conoscenza di nessuno dei comportamenti illeciti che gli sono stati contestati dalla procura di Vicenza prima e da quella generale di appello ora. In primo grado non è stato creduto. Il mese prossimo il nuovo verdetto.

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Matteo Bernardini

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